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S. PIER DAMIANI, Card. e Dottore della Chiesa

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Yoghina
view post Posted on 21/2/2011, 11:19




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Lunedì 21 Febbraio 2011
San Pier Damiani
Cardinale, Dottore della Chiesa
(memoria facoltativa)



Dal discorso di Benedetto XVI ai docenti e agli studenti dell'università degli studi di Parma (Aula della Benedizione - 1° dicembre 2008):

« Oggi vorrei soffermarmi brevemente a considerare con voi la “lezione” che ci ha lasciato san Pier Damiani, cogliendone alcuni spunti di particolare attualità per l’ambiente universitario dei nostri giorni.

Lo scorso anno, in occasione della memoria liturgica del grande Eremita, il 20 febbraio, ho indirizzato una lettera all’Ordine dei monaci Camaldolesi, nella quale ho messo in luce come sia particolarmente valida per il nostro tempo la caratteristica centrale della sua personalità, vale a dire la felice sintesi tra la vita eremitica e l’attività ecclesiale, l’armonica tensione tra i due poli fondamentali dell’esistenza umana: la solitudine e la comunione (cfr Lettera all’Ordine dei Camaldolesi, 20 febbraio 2007). Quanti, come voi, si dedicano agli studi a livello superiore – per l’intera vita oppure nell’età giovanile – non possono non essere sensibili a questa eredità spirituale di San Pier Damiani. »

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

Fonte principale per la ricostruzione della sua vita è la biografia realizzata dal discepolo prediletto Giovanni da Lodi, monaco e suo segretario personale, particolarmente erudito da essere soprannominato Grammaticus, poi divenuto suo successore come priore di Fonte Avellana e successivamente eletto vescovo di Gubbio. Numerosi accenni autobiografici sono poi rinvenibili tra le sue molte lettere.

Pier Damiani nacque a Ravenna tra la fine del 1006 o più probabilmente l’inizio del 1007. Se ne conosce con relativa precisione l'anno di nascita, fatto piuttosto raro per quei tempi, perché egli stesso riferisce in una delle sue numerose lettere di essere nato 5 anni dopo la morte dell'imperatore Ottone III.

La sua famiglia era probabilmente, o era stata, di illustri origini, ma quando nacque Pietro non era di condizione agiata.

Orfano di padre e ultimo di sette figli, venne tirato su dal fratello maggiore, Damiano, e ciò ne spiegherebbe l'appellativo di "Damiani". Dopo aver studiato a Ravenna, Faenza e Padova e insegnato all'università di Parma, entrò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana, che divenne il centro della sua attività riformatrice. Ma la Chiesa, dilaniata internamente da discordie e scismi, conseguenza di quel grave malanno che prende il nome di simonia, compravendita di cariche ecclesiastiche, e dalla leggerezza con cui il clero risolveva il problema del celibato, aveva bisogno di uomini integri e preparati come il colto e austero Pier Damiani. Novello Girolamo, fu al fianco di sei papi come "commesso viaggiatore della pace" e in particolare collaborò con Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, il grande riformatore divenuto Pp col nome di Gregorio VII (1073-1085).

Dopo varie peregrinazioni nella diocesi di Milano, in Francia e in Germania, Pp Stefano IX (Federico di Lorena, 1957-1958) lo nominò cardinale e vescovo di Ostia, cioè uno dei sette Cardinali Lateranensi a più stretto contatto col Papa. Stando ai suoi scritti, Pier Damiani non accolse la nomina con favore: si sentiva portato alla vita eremitica, implicante solitudine, silenzio, penitenza, preghiera. Si trasferì per obbedienza a Roma, a stretto contatto col Papa e con la corte pontificia, dove rivestì un ruolo di primissimo piano.

Pier Damiani fu tra gli scrittori latini più fecondi ed eleganti del Medioevo.

Lasciò un vasto corpus di scritti teologici di vario genere:

· oltre settecento manoscritti contenenti le sue opere, segno della sua grande autorità e diffusione;

· 180 lettere (alcune tanto ampie da essere dei veri e propri trattati, nonostante la forma epistolare);

· varie opere liturgiche ed eucologiche;

· sermoni da lui tenuti in varie occasioni;

· agiografie, cioè vite di santi (tra cui spicca la Vita Romualdi).

Già vecchio, fu chiamato da Ravenna, la sua città natale, per ricomporre il dissidio fomentato dai seguaci di un antipapa. La morte lo colse nel 1072 a Faenza, di ritorno dall'ultima missione di pace.

Trovò dapprima sepoltura nella chiesa di Santa Maria foris portam (oggi conosciuta come Santa Maria Vecchia); in seguito le sue ossa furono traslate nella cattedrale di Faenza, dove sono conservate tutt'ora. Le ossa del volto e delle mani sono ricoperte da ricostruzioni d'argento, il resto dello scheletro è ricoperto di paramenti sacri.

Venerato subito come santo, ebbe riconosciuto il suo culto ufficialmente il 1° ottobre 1828, da Pp Leone XII (Annibale Sermattei della Genga, 1823-1829), che lo proclamò anche Dottore della Chiesa per i suoi numerosi scritti di contenuto teologico.



 
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view post Posted on 21/2/2012, 10:05

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Nacque a Ravenna nel 1007. Ultimo di una famiglia numerosa, orfano di padre, ebbe come riferimento educativo il fratello maggiore Damiano. Di qui, probabilmente l'appellativo «Damiani». Dopo aver studiato a Ravenna, Faenza, Padova e insegnato all'università di Parma, entrò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana. Nel 1057 il Papa lo chiamò a Roma per averlo accanto in un momento di crisi della Chiesa, dilaniata da discordie e scismi e alle prese con la piaga della simonìa. Nominato vescovo di Ostia e poi creato cardinale, aiutò i sei Papi che si succedettero al Soglio pontificio, a svolgere un'opera moralizzatrice. In quest'azione si avvalse particolarmente dell'abate benedettino di San Paolo Fuori le Mura, Ildebrando che nel 1073 fu eletto Papa con il nome di Gregorio VII. Pier Damiani, fu delegato pontificio in Germania, Francia e nell'Italia settentrionale. Morì a Faenza nel 1072. Nel 1828 Leone XII lo proclamò dottore della Chiesa. (Avvenire)

Etimologia: Piero = accorciativo e dimin. di Pietro

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: San Pier Damiani, cardinale vescovo di Ostia e dottore della Chiesa: entrato nell’eremo di Fonte Avellana, promosse con forza la disciplina regolare e, in tempi difficili per favorire la riforma della Chiesa, richiamò con fermezza i monaci alla santità della contemplazione, i chierici all’integrità di vita, il popolo alla comunione con la Sede Apostolica.
(22 febbraio: A Faenza in Romagna, anniversario della morte di san Pier Damiani, la cui memoria si celebra il giorno prima di questo).

Questo santo, tutto fuoco, nacque a Ravenna nel 1007 da poveri genitori carichi di figli. Sua madre lo abbandonò, per fortuna momentaneamente, ancora lattante. Quando mori, l'orfano fu educato con grande durezza dal fratello Rodelinda, che lo fece guardiano di porci. Possedeva però un'intelligenza talmente viva che il fratello maggiore, Damiano, più benevolo, pensò di avviarlo agli studi prima a Faenza, poi a Parma. In essi Pietro fece prodigiosi progressi. A venticinque anni si acquistò un nome nell'insegnamento.
Verso il 1035 cattivi esempi e violente tentazioni determinarono il santo a entrare segretamente nel monastero benedettino di Fonte Avellana, sul monte Catria (Pesaro), dove si abbandonò a così rigorose penitenze da contrarre violenti mal di testa e insonnia. Durante la convalescenza approfondì lo studio delle Scritture. La fama di esegeta che si acquistò tra i pochi confratelli lo fece richiedere come oratore dall'abbazia di Pomposa, dal monastero di S. Vincenzo di Porta Pertusa, e da altri centri in relazione con Fonte Avellana.
Quando ritornò nel suo eremo, il Damiani fu eletto priore. Il suo governo segnò per la comunità un'era di prosperità materiale e spirituale, tant'era innamorato dell'ideale della vita claustrale di cui divenne il teorico. I novizi accorsero numerosi alla sua scuola, motivo per cui gli fu possibile moltiplicare le case filiali nelle regioni limitrofe, e dare origine a una Congregazione eremitica d'ispirazione camaldolese, anche se in sé autonoma. Penetrato dello spirito di S. Agostino e di S. Benedetto, egli seguì le orme dei grandi monaci del suo secolo: S. Romualdo, fondatore dei Camaldolesi; S. Odilone e S. Ugo il Grande, abati di Cluny e Desiderio, abate di Montecassino. Nulla sfuggiva al suo vigile occhio. Egli esigeva l'assiduità alle ore canoniche diurne e notturne, voleva che i monaci praticassero la rigorosa povertà, non uscissero dall'eremo, e non si occupassero di negozi secolari. Alla preghiera i religiosi dovevano aggiungere il lavoro, la pratica di frequenti digiuni e mortificazioni in proporzione dei propri peccati. Il santo fu un grande sostenitore delle flagellazioni corporali supererogatorie. Ai più ferventi religiosi permise di flagellarsi ogni giorno durante la recita di una quarantina di salmi.
L'epoca in cui Pier Damiani visse fu triste per la Chiesa a causa della simonia e dell'immoralità del clero. Per oltre trent'anni i conti di Tuscolo avevano disposto della sede romana come di un bene di famiglia. Il primo papa che fece sperare una riforma fu Gregorio VI, il quale aveva persuaso il dodicenne Benedetto IX a rinunciare al papato, sborsandogli una somma dì denaro. I romani lo avevano eletto al posto di lui, ma nel concilio di Sutri del 1046, radunato da Enrico III, fu costretto a dimettersi perché sospettato di simonia. Al suo posto fu eletto Clemente II. L'imperatore invitò più volte Pier Damiani a stabilirsi a Roma in qualità di consigliere del papa, ma egli si limitò a scrivere all'eletto, per notificargli il disordine che regnava nelle chiese della sua provincia a causa del fasto dei vescovi, la maggior parte dei quali era carica di crimini.
La riforma della Chiesa fu iniziata con coraggio da S. Leone IX (10481054) coadiuvato da Ildebrando, monaco e cardinale. Sotto il suo pontificato prese forme concrete l'opera del Damiani a favore del risanamento della gerarchia, che nel suo zelo irruente, voleva casta e feconda di opere buone. Scrisse allora i suoi due più famosi trattati, il Liber Gratissimus riguardante gli ecclesiastici ordinati gratuitamente e, secondo lui, validamente da vescovi simoniaci, e il Liber Gomorrhianus, dedicato al papa stesso, nel quale flagella spietatamente i costumi del clero corrotto. Leone IX lodò l'autore per l'aiuto che gli prestava nella lotta contro i mali del tempo, ma furono tanto vive le rimostranze che sollevò con il suo scritto che lo ritenne un po' frutto della sua fantasia.
Fu Stefano IX, succeduto a Vittore II (+ 1057), che impose per ubbidienza al Damiani il titolo di cardinale vescovo di Ostia, ma morì troppo presto per compiere l'opera di riforma che l'irruente santo perseguiva. Nel 1058 i conti di Tuscolo fecero eleggere papa Giovanni, vescovo di Velletri, col nome di Benedetto X, ma il nuovo cardinale lo trattò come intruso e simoniaco. Raggiunse a Siena Ildebrando, di ritorno da una missione presso l'imperatrice Agnese, e con lui provvide all'elezione del vescovo di Firenze, Gerardo di Borgogna, che prese il nome di Niccolò II. Da questo momento il Damiani dichiarò guerra senza quartiere ai perturbatori della Chiesa e si adoperò con le sue lettere di fuoco e i suoi trattati perché fosse osservato il decreto di Leone IX contro i chierici simoniaci e incontinenti, che avvilivano il sacerdozio e scandalizzavano i fedeli. Sotto il pontificato di Niccolò II, nel 1059, svolse la sua prima missione a Milano per la riforma di quella chiesa, e di altre della Lombardia. Egli vi riportò la pace applicando la sua teoria della validità delle ordinanze simoniache, in contrasto con quella del cardinal Umberto di Selva Candida. Molto verosimilmente, fu dietro consiglio di Ildebrando e di Pier Damiani che Niccolò II emanò in quello stesso anno il celebre decreto per cui, onde assicurare in futuro l'indipendenza delle elezioni pontificie, la scelta del papa era esclusivamente affidata al collegio dei cardinali. L'ultima parola spettava ai cardinali-vescovi, mentre l'imperatore conservava soltanto il diritto di conferma e il popolo quello d'approvazione.
Pur amando svisceratamente la Chiesa, il Damiani non vedeva l'ora di deporre la carica che gli era stata affidata contro voglia, per ritirarsi nella solitudine del chiostro. Il papa non lo esaudì perché un uomo come lui era indispensabile al suo fianco. Inoltre i nuovi torbidi sorti alla morte di Niccolò II (+1061), rendevano molto utile la sua presenza a Roma. Elevato al pontificato per interessamento suo e di Ildebrando Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca, col nome di Alessandro II (+ 1073), il Damiani ne sostenne caldamente le parti contro l'antipapa Càdalo, vescovo di Parma, abusivamente eletto a Basilea per interessamento dell'imperatrice Agnese, ingannata dal partito favorevole ai simoniaci. Non tutti i suoi passi furono approvati dai sostenitori della riforma. Egli difatti pensava che convenisse mantenere ad ogni costo l'armonia tra il papato e l'impero germanico, mentre era risaputo che le maggiori difficoltà per la desiderata e improrogabile riforma provenivano proprio dall'impero e dal laicato.
Il nuovo papa acconsenti che Pier Damiani si ritirasse nel chiostro. Il cardinale arcidiacono Ildebrando, invece, riteneva indispensabile la sua permanenza alla corte pontificia. Fosse dipeso da lui gli avrebbe imposto di restare in virtù di santa ubbidienza. Il Damiani trovò il suo intervento indiscreto e giunse a tacciarlo di "Verga di Assur", Dio supremo degli Assiri, e di"Santo Satana".
A Fonte Avellana il santo si rinchiuse in un'angusta cella per darsi al digiuno quotidiano, alle intense discipline, alla meditazione e al canto dei salmi. Per umiltà prendeva il suo pane nello stesso piatto che serviva a lavare i piedi ai poveri, e dormiva per terra sopra un graticcio di giunchi. Nel capitolo, dopo aver rivolto le sue esortazioni ai monaci, si accusava pubblicamente delle proprie colpe come un religioso qualunque, e si dava la disciplina a due mani. Da ogni parte giungevano all'eremo persone desiderose dei suoi consigli. Alessandro II lo pregò di scrivergli più sovente. Il santo ne approfittò per dirgli con franchezza quel che pensava riguardo a due abusi invalsi nella curia romana: quello di moltiplicare gli anatemi senza motivo, e di impedire ai chierici e ai laici di riprendere gli eccessi dei loro vescovi.
All'occorrenza seppe accettare e portare a termine con zelo le missioni che gli furono affidate dal sommo pontefice. Nel 1063 andò a Cluny per difendere, contro le pretese del vescovo di Mâcon, l'esenzione dell'abate S. Ugo, direttamente dipendente dal papa, e a Firenze per un'indagine sul vescovo Pietro, accusato dai monaci vallombrosani di simonia, e da lui assolto per mancanza di prove. Nel 1069 fu inviato a Magonza per distogliere Enrico IV dal divorzio con Berta di Torino, e nel 1071 a Montecassino per la consacrazione della chiesa. Alla scomparsa nel 1072 dell'antipapa Càdalo (Onorio II), già apostrofato dal Damiani "voragine di libidine, ignominia del sacerdozio, fetore del mondo", e del suo principale sostenitore, Enrico, arcivescovo di Ravenna, il santo fu inviato a riconciliare con il papa gl'interdetti ravennati. Mentre ritornava a Roma per dar conto della sua legislazione, a Faenza fu colto da febbre e morì il 22-2-1072 nel monastero di Santa Maria fuori Porta. Sul suo sepolcro fece porre questo epitaffio: “Io fui ciò che tu sei; tu sarai ciò che io sono. Di grazia, ricordati di me. Guarda con pietà le ceneri di Pietro. Prega, piangi e ripeti: "Signore, risparmialo!"”. Fu subito universalmente venerato come santo. Leone XII il 1-10-1828 gli decretò il titolo di dottore. Le sue ossa sono custodite nel duomo di Faenza.

Autore: Guido Pettinati

 
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