Gesù Luce del mondo

San Giovanni Apostolo ed evangelista

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view post Posted on 27/12/2010, 10:45

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27 dicembre

Betsaida Iulia, I secolo - Efeso, 104 ca.



L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, venne considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all'azione non deve farlo credere, però, una figura "eterea". Si pensi al soprannome con cui Gesù - di cui fu discepolo tra i Dodici - chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l'esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo. (Avvenire)

Patronato: Scrittori, Editori, Teologi

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Emblema: Aquila, Calderone d'olio bollente, Coppa

Martirologio Romano: Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi.

Il più giovane e il più longevo degli Apostoli; il discepolo più presente nei grandi avvenimenti della vita di Gesù; autore del quarto Vangelo, opera essenzialmente dottrinale e dell’Apocalisse, unico libro profetico del Nuovo Testamento.
Giovanni era originario della Galilea, di una zona sulle rive del lago di Tiberiade (forse Betsaida Iulia), figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore; la madre era nel gruppo di donne che seguivano ed assistevano Gesù salendo fino al Calvario, forse era cugina della Madonna; il padre aveva una piccola impresa di pesca sul lago anche con dipendenti.
Pur essendo benestante e con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali, non era mai stato alla scuola dei rabbini e quindi era considerato come ‘illetterato e popolano’, tale che qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che lui abbia solo dettato le sue opere, scritte da un suo discepolo.
Giovanni è da considerarsi in ordine temporale come il primo degli apostoli conosciuto da Gesù, come è l’ultimo degli Apostoli viventi, con cui si conclude la missione apostolica tesa ad illuminare la Rivelazione.
Infatti egli era già discepolo di s. Giovanni Battista, quando questi additò a lui ed Andrea Gesù che passava, dicendo “Ecco l’Agnello di Dio” e i due discepoli udito ciò presero a seguire Gesù, il quale accortosi di loro domandò: “Che cercate?” e loro risposero: “Rabbi dove abiti?” e Gesù li invitò a seguirlo fino al suo alloggio, dove si fermarono per quel giorno; “erano le quattro del pomeriggio”, specifica lui stesso, a conferma della forte impressione riportata da quell’incontro.
In seguito si unì agli altri apostoli, quando Gesù passando sulla riva del lago, secondo il Vangelo di Matteo, chiamò lui e il fratello Giacomo intenti a rammendare le reti, a seguirlo ed essi “subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono”.
Da allora ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, era il più giovane ma nell’elenco è sempre nominato fra i primi quattro, fu prediletto da Pietro, forse suo compaesano, ma soprattutto da Gesù al punto che Giovanni nel Vangelo chiama se stesso “il discepolo che Gesù amava”.
Fra i discepoli di Gesù fu infatti tra gli intimi con Pietro e il fratello Giacomo, che accompagnarono il Maestro nelle occasioni più importanti, come quando risuscitò la figlia di Giairo, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’agonia del Getsemani.
Con Pietro si recò a preparare la cena pasquale e in questa ultima cena a Gerusalemme ebbe un posto d’onore alla destra di Gesù, e dietro richiesta di Pietro, Giovanni appoggiando con gesto di consolazione e affetto la testa sul petto di Gesù, gli chiese il nome del traditore fra loro.
Tale scena di alta drammaticità, è stata nei secoli raffigurata nell’"Ultima Cena" di tanti celebri artisti. Dopo essere scappato con tutti gli altri, quando Gesù fu catturato, lo seguì con Pietro durante il processo e unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce accanto a Maria, della quale si prese cura, avendola Gesù affidatagliela dalla croce.
Fu insieme a Pietro, il primo a ricevere l’annunzio del sepolcro vuoto da parte della Maddalena e con Pietro corse al sepolcro giungendovi per primo perché più giovane, ma per rispetto a Pietro non entrò, fermandosi all’ingresso; entrato dopo di lui poté vedere per terra i panni in cui era avvolto Gesù, la vista di ciò gli illuminò la mente e credette nella Resurrezione forse anche prima di Pietro, che se ne tornava meravigliato dell’accaduto.
Giovanni fu presente alle successive apparizioni di Gesù agli apostoli riuniti e il primo a riconoscerlo quando avvenne la pesca miracolosa sul lago di Tiberiade; assistette al conferimento del primato a Pietro; insieme ad altri apostoli ricevette da Gesù la solenne missione apostolica e la promessa dello Spirito Santo, che ricevette nella Pentecoste insieme agli altri e Maria.
Seguì quasi sempre Pietro nel suo apostolato, era con lui quando operò il primo clamoroso miracolo della guarigione dello storpio alla porta del tempio chiamata “Bella”; insieme a Pietro fu più volte arrestato dal Sinedrio a causa della loro predicazione, fu flagellato insieme al gruppo degli arrestati.
Con Pietro, narrano gli Atti degli Apostoli, fu inviato in Samaria a consolidare la fede già diffusa da Filippo.
San Paolo verso l’anno 53, lo qualificò insieme a Pietro e Giacomo il Maggiore come ‘colonne’ della nascente Chiesa.
Il fratello Giacomo fu decapitato verso il 42 da Erode Agrippa I, protomartire fra gli Apostoli; Giovanni, secondo antiche tradizioni, lasciata definitivamente Gerusalemme (nel 57 già non c’era più) prese a diffondere il cristianesimo nell’Asia Minore, reggendo la Chiesa di Efeso e altre comunità della regione.
Anche Giovanni adempì la profezia di Gesù di imitarlo nella passione; anche se non subì il martirio come il fratello e gli altri apostoli, dovette patire la persecuzione di Domiziano (51-96) la seconda contro i cristiani, che negli ultimi anni del suo impero, 95 ca., conosciuta la fama dell’apostolo, lo convocò a Roma e dopo averlo fatto rasare i capelli in segno di scherno, lo fece immergere in una caldaia di olio bollente davanti alla porta Latina; ma Giovanni ne uscì incolume.
Ancora oggi un tempietto ottagonale disegnato dal Bramante e completato dal Borromini, ricorda il leggendario miracolo.
Fu poi esiliato nell’isola di Patmos (arcipelago delle Sporadi a circa 70 km da Efeso) a causa della sua predicazione e della testimonianza di Gesù. Dopo la morte di Domiziano, salì al trono l’imperatore Nerva (96-98) tollerante verso i cristiani; quindi Giovanni poté tornare ad Efeso dove continuò ad esortare i fedeli all’amore fraterno, finché ultracentenario morì verso il 104, cosicché il più giovane degli Apostoli, il vergine perché non si sposò, visse più a lungo di tutti portando con la sua testimonianza, l’insegnamento di Cristo fino ai cristiani del II secolo.
Sulla sua tomba ad Efeso, fu edificata nei secoli V e VI una magnifica basilica. In vita la tradizione e gli antichi scritti gli attribuiscono svariati prodigi, come di essersi salvato senza danno da un avvelenamento e dopo essere stato buttato in mare; ad Efeso risuscitò anche un morto.
Alle riunioni dei suoi discepoli, ormai vecchissimo, veniva trasportato a braccia, ripetendo soltanto “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” e a chi gli domandava perché ripeteva sempre la stessa frase, rispose: “ Perché è precetto del Signore, se questo solo si compia, basta”.
Fra tutti gli apostoli e i discepoli, Giovanni fu la figura più luminosa e più completa, dalla sua giovinezza trasse l’ardore nel seguire Gesù e dalla sua longevità la saggezza della sua dottrina e della sua guida apostolica, indicando nella Grazia la base naturale del vivere cristiano.
La sua propensione più alla contemplazione che all’azione, non deve far credere ad una figura fantasiosa e delicata, anzi fu caldo e impetuoso, tanto da essere chiamato insieme al fratello Giacomo ‘figlio del tuono’, ma sempre zelante in tutto.
Teologo altissimo, specie nel mettere in risalto la divinità di Gesù, mistico sublime fu anche storico scrupoloso, sottolineando accuratamente l’umanità di Cristo, raccontando particolari umani che gli altri evangelisti non fanno, come la cacciata dei mercanti dal tempio, il sedersi stanco, il piangere per Lazzaro, la sete sulla croce, il proclamarsi uomo, ecc.
Giovanni è chiamato giustamente l’Evangelista della carità e il teologo della verità e luce, egli poté penetrare la verità, perché si era fatto penetrare dal divino amore.
Il suo Vangelo, il quarto, ebbe a partire dal II secolo la definizione di “Vangelo spirituale” che l’ha accompagnato nei secoli; Origene nel III secolo, per la sua alta qualità teologica lo chiamò ‘il fiore dei Vangeli’.
Gli studiosi affermano che l’opera ebbe una vicenda editoriale svolta in più tappe; essa parte nell’ambiente palestinese, da una tradizione orale legata all’apostolo Giovanni, datata negli anni successivi alla morte di Cristo e prima del 70, esprimendosi in aramaico; poi si ha un edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore con centro principale la bella città di Efeso e qui collabora alla stesura un ‘evangelista’, discepolo che raccoglie il messaggio dell’apostolo e lo adatta ai nuovi lettori.
Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, diviso in due grandi sezioni; dai capitoli 1 a 12 chiamato “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio e dai capitoli 13 a 20 chiamato “Libro dell’ora”, cioè del momento supremo della sua vita offerta sulla croce, che contiene i mirabili “discorsi di addio” dell’ultima Cena. Alla fine del I secolo comparvero i capitoli finali da 21 a 23, dove si allude anche alla morte dell’apostolo.
All’inizio del Vangelo di Giovanni è posto un prologo con un inno di straordinaria bellezza, divenuto una delle pagine più celebri dell’intera Bibbia e che dal XIII secolo fino all’ultimo Concilio, chiudeva la celebrazione della Messa: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….”.
L’Apocalisse come già detto è l’unico libro profetico del Nuovo Testamento e conclude il ciclo dei libri sacri e canonici riconosciuti dalla Chiesa, il suo titolo in greco vuol dire ‘Rivelazione’.
Denso di simbolismi, spesso si è creduto che fosse un infausto oracolo sulla fine del mondo, invece è un messaggio concreto di speranza, rivolto alle Chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della bestia, cioè la Roma imperiale, affinché ritrovino coraggio nella fede, dimostrandolo con la testimonianza.
È un’opera di grande potenza e suggestione e anche se il linguaggio e i simboli sono del genere ‘apocalittico’, corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo, il libro si autodefinisce ‘profezia’, cioè lettura dell’azione di Dio all’interno della storia.
Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici, città, costellano il libro e sono gli elementi di questa interpretazione della storia alla luce della fede e della speranza.
Il libro inizia con la scena della corte divina con l’Agnello - Cristo e il libro della storia umana e alla fine dell’opera c’è il duello definitivo tra Bene e Male, cioè tra la Chiesa e la Prostituta (Roma) imperiale, con la rivelazione della Gerusalemme celeste, dove si attende la venuta finale del Cristo Salvatore.
Di Giovanni esistono anche tre ‘Epistole’ scritte probabilmente a Efeso, che hanno lo scopo di sottolineare e difendere presso determinati gruppi di fedeli (o uno solo, con la terza) alcune verità fondamentali, che erano attaccate da dottrine gnostiche.
San Giovanni ha come simbolo l’aquila, perché come si credeva che l’aquila potesse fissare il sole, anche lui nel suo Vangelo fissò la profondità della divinità.
È il patrono della Turchia e dell’Asia Minore, patronato confermato da papa Benedetto XV il 26 ottobre 1914; giacché Gesù gli affidò la Vergine Maria, è considerato patrono delle vergini e delle vedove; per i suoi grandi scritti è patrono dei teologi, scrittori, artisti; per il suo supplizio dell'olio bollente, protegge tutti coloro che sono esposti a bruciature oppure hanno a che fare con l’olio, quindi: proprietari di frantoi, produttori di olio per lampade, armaioli; patrono degli alchimisti, è invocato contro gli avvelenamenti e le intossicazioni alimentari.
Anche i “Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” che rappresentano conquista, guerra, fame, morte, sono un suo simbolo. In Oriente il suo culto aveva per centro principale Efeso, dove visse e l’isola di Patmos nel Dodecanneso dove fu esiliato a dove nel secolo XI s. Cristodulo fondò un monastero a lui dedicato, inglobando la grotta dove l’apostolo ricevette le rivelazioni e scrisse l’Apocalisse.
In Occidente il suo culto si diffuse in tutta Europa e templi e chiese sono a lui dedicate un po’ dappertutto, ma la chiesa principale costruita in suo onore è S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Inizialmente i grandi santi del primo cristianesimo Stefano, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni, erano celebrati fra il Natale e la Circoncisione (1° gennaio); poi con lo spostamento in altre date di s. Pietro, s. Paolo e s. Giacomo, rimasero solo s. Stefano il 26 dicembre e s. Giovanni apostolo ed evangelista il 27 dicembre.

Autore: Antonio Borrelli


 
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view post Posted on 28/12/2010, 11:04

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DESCRIZIONE DI GIOVANNI EVANGELISTA
E DEI COMPONENTI DEL COLLEGIO APOSTOLICO


2 gennaio 1944 1, ore 8 ant.

Per ora ancora contemplazione.

Mi fu concesso vedere Gesù e Giovanni. L’Uno presso all’altro, tenendo il suo braccio destro sulle spalle di Giovanni che è molto più basso e più tarchiato di Gesù. Ma tanto bello.
Non ha barba né baffi, o per lo meno ha sul labbro superiore una lieve peluria bionda che si perde nel rosato del volto. È biondo, ma un biondo più chiaro di quello di Gesù: un biondo castano, non il biondo rame del Cristo.
Ha anche lui gli occhi azzurri. Un azzurro limpido che è sempre più carico di quello di Maria ma non è così cupo come quello di Gesù e non così scintillante. Un occhio di bambino puro, mite, amoroso. Un occhio che riposa a guardarlo.
La bocca ha un sorriso sereno di creatura giovane e felice, certo per essere presso al Maestro. Non è il sorriso rapito di Maria né quello di Cristo pieno di dignità e d’una serietà che è quasi mestizia. È un sorriso più umano di questi due altri. Ma tanto bello.

Dopo avere ben bene guardato, ho notato una somiglianza fra i tratti di Gesù e quelli del discepolo, come se Gesù fosse un fratello maggiore d’anni e perciò dai tratti più virili e resi più signorili da una... come dire?, coltura, professione, elevatezza spirituale raggiunta in pieno.
Mi è venuto in mente: “Ma erano forse un poco parenti?” e ho preso il Vangelo. Mi sono fatta venire il capogiro nel cercare, ma non ho capito nulla. Si parla di Zebedeo e di Salome, ma poi?... È vero che nel ricostruire parentele non valgo nulla, ma sfogliando i 4 vangeli non ho neppure trovato nulla di veramente atto a spiegare, neppure nelle note messe in calce al foglio.
Bene. Non importa. Ho visto Gesù e il suo e mio prediletto e mi basta.

Lo stesso giorno, ore 23.
Dice Gesù:
«Ed ora che finalmente puoi essere tutta mia, ti parlo.
È carità sopportare anche i disturbatori e non ti devi rifiutare a questa carità, né innervosirti. Guarda il tuo Maestro. Io ti do una grande lezione di sopportazione. Non volendo sottoporti ad una doppia fatica parlandoti mentre altri ti parlano o ti fanno chiasso d’attorno, né volendo mettere altri a conoscenza della mia istruzione a te, attendo, con pazienza che non si stanca d’esser tale, che tu possa esser tutta per Me. Tu vedi con quanta tranquillità aspetto e con quanta benignità riprendo a parlarti quando il momento è venuto. Impara a fare anche tu così, senza timore di perdere nulla, senza irritarti, senza turbarti in nessun modo. Non perdi nulla. Stai tranquilla. Acquisti soltanto il merito di un atto virtuoso.
Questa sera ti parlerò di coloro che, per aver creduto al Precursore e aver seguito Me, furono da Me scelti per apostoli miei. E ti parlerò anche della pecora smarrita del piccolo gregge, dal quale venne il gregge immenso che ora è sparso per la Terra e che è il gregge battezzato nel mio Nome.
Le somiglianze fisiche non hanno importanza, Maria. Sono fortuite combinazioni. Vi sono parenti che non si assomigliano fisicamente quanto si assomigliano due che parenti non sono e viceversa. Vi sono anche attrazioni fisiche per cui due che si assomigliano si amano più di due che sono diversi, quasi uno contemplasse nell’altro un secondo se stesso vedendolo ornato di quegli abbellimenti che l’amore fa vedere e che rendono perfetto, per chi ama, l’oggetto del suo amore. Ma ciò non ha importanza.
Occorre tenere presente che la Galilea non era un mondo e che i Galilei erano relativamente pochi, che si sposavano quasi sempre fra loro e che perciò i caratteri somatici erano ripetuti in due o tre esemplari che da secoli si ritrovavano su quei volti. Non sarebbe errato dire che in tutti i piccoli paesi, se si fosse andati alle origini, si sarebbero trovati due o tre ceppi familiari originari, i quali si erano sposati o risposati fra di loro dando un carattere fisico spiccato in tutta la razza galilea.
Che perciò Giovanni avesse anche una somiglianza fisica con Me, non deve stupire. Era un galileo biondo. Particolarità più rara del galileo bruno ma che pure esisteva. Ma la sua somiglianza era ancor più spiccata in quanto riguarda lo spirito.
Venuto a Me ancora vergine, giovane, innocente, mi aveva potuto assimilare come nessun altro. Era una copia vera del Maestro. L’amore lo aveva portato a prendere non solo il pensiero ma finanche il modo di parlare, gestire, muoversi mio. Lo aveva persino reso più somigliante a Me nel volto, fenomeno che non è unico fra due che si amano perfettamente. E Giovanni mi amò di amore perfetto. Lo vedi come sfavilla nella gioia del sentirselo dire? Nessuno mi amò come lui, fuorché la Benedetta, di un amore che non conobbe attimo di titubanza o di errore. E nessuno, fuorché mia Madre ed i bambini che venivano a cercare la mia carezza, ebbe per Me il dono di un cuore puro come il suo.
Giovanni morì longevo, ma i lustri non offuscarono, col loro accumularsi, quel candore angelico che non conobbe altra fiamma che quella dell’amore divino ed altra carezza che quella di mia Madre.
Era il più giovane del gruppo apostolico. Dopo lui, in età, veniva l’Iscariota. E per età avrebbe potuto esser anche lui come Giovanni. Ma non lo era. E se vergine non era, casto non divenne neppure dopo avermi conosciuto. Era un impuro. E l’impurità impedisce l’opera di Dio nei cuori e favorisce quella di Satana come nessun’altra passione.
Il suo volto ti è noto. È quello. Ti è apparso come il Seduttore. Perché infatti nella sua bellezza egli assomigliava al Bellissimo che si era ribellato a Dio e che è padre di tutti i nemici di Dio.
Anche la bellezza è un’arma in mano a Satana, ed esso non trascura di imprimere il suo carattere di seduzione sui suoi strumenti. In tal modo li attira verso il suo profondo e li può mordere al cuore inoculando il triplice peccato. E Giuda aveva nel cuore la concupiscenza del denaro, della carne, del potere. E per queste tre Nemesi che lo perseguitavano, e che egli non volle volere vincere, divenne il deicida. Quando Satana vuole prendere offre la donna, per la quale è necessario avere censo e onori per conquistarla. Quando ha preso nega denaro, onori e donna, e dà unicamente disperazione e morte.
Giovanni era il sole del gruppo apostolico. Giuda era le tenebre. Era figlio della Menzogna. La mia Luce e Verità non poterono penetrare in lui. E se nonostante le sue prevenzioni potei fare di Natanaele un convinto e di Levi un convertito 6, perché non era nel primo frode e nel secondo resistenza alla grazia, nulla potei in Giuda poiché il suo animo era posseduto né Io potevo penetrarvi perché egli me ne interdiva l’entrata. Mi seguì per speranza umana. Mi tradì per avidità umana. Vendette il Cristo ai suoi crocifissori e la sua anima a Satana che da anni era il suo istigatore, perché Satana non è Dio che dà anche se non date per conquistarvi a Sé. Satana vuole il cento per uno. Vuole voi, in eterno, in cambio di un’ora di trionfo bugiardo. Ricordatevelo.
Ho sopportato questa serpe nel gruppo per insegnare agli uomini a sopportare e ad insistere per salvare. Non un pensiero di Giuda m’era ignoto. Ed è stata una anticipata passione l’averlo vicino. Un tormento che voi non contemplate, ma che non fu meno amaro degli altri. Vi ho insegnato a sopportare le cose e le persone moleste, perché quale persona è più ripulsiva di chi tradisce?
Maria, la vita del Cristo è insegnamento anche nei più insignificanti particolari, e te ne istruisco perché voglio che tu mi conosca e mi imiti anche nelle cose minori.
Ti benedico.»

Era tutto il giorno che io vedevo il collegio apostolico e non vedevo l’ora che fosse notte per averne spiegazione da Gesù. Oggi ho avuto una giornata di... esercizio di pazienza. Mai libera di ascoltare Gesù.
Ora le dico come ho visto.
Giovanni è tanto ben descritto che non mi ripeto. È il più giovane di tutti e, per me, il più bello. Segue per età Giuda Iscariota, nel quale ritrovo il volto di quel tale sogno fatto tanti anni fa e che le ho descritto nelle mie note personali. Un bello che, se si scruta bene, ripugna e spaurisce, perché si sente essere cattivo e falso. Un bello satanico.
Poi vedo l’altro Giuda, parente di Gesù, al quale non somiglia per nulla perché è bruno e muscoloso, più basso di Gesù. Sembra sui trent’anni. Questo ha barba scura e quadrata. Giuda Iscariota non ha barba come non ne ha Giovanni, e ha i capelli ricci e più corti di quelli di Giovanni. Sembrano tagliati su per giù per quanto è lunga la testa, torno torno.
Ugualmente con capelli corti, ma di un color pepe a sale, perché con diversi capelli bianchi fra il nero, è Pietro. Pare dai 45 anni in là. Basso e muscoloso.
Poi un gruppo di uomini sui 40 anni, in cui certo sarà Andrea, Tommaso, Matteo e i due Giacomi. Indi due molto anziani, più bianchi che scuri nei capelli e barba. Non so perché, penso siano Filippo e Bartolomeo. Ma il Maestro non me lo spiega ed io resto polarizzata su Giovanni, Pietro, l’Iscariota e Giuda Taddeo, che come unica somiglianza col Cristo ha l’occhio azzurro scuro ma senza lo splendore dell’occhio e di Gesù.
E con questa visione nel cuore mi corico.

Fonte: Maria Valtorta

 
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view post Posted on 27/12/2012, 12:28

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DAGLI SCRITTI...

Dai «Trattati sulla prima Lettera di Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi e ciò che le nostre mani hanno toccato del Verbo della vita (cfr. 1 Gv 1, 1). Chi è che tocca con le mani il Verbo, se non perché il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi? (cfr. Gv 1, 14).
Il Verbo che si è fatto carne, per poter essere toccato con mano, cominciò ad essere carne della Vergine Maria; ma non cominciò allora ad essere Verbo, perché è detto: «Ciò che era fin da principio». Vedete se la lettera di Giovanni non conferma il suo vangelo, dove ora avete udito: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio» (Gv 1, 1).
Forse qualcuno prende l'espressione «Verbo della vita» come se fosse riferita a Cristo, ma non al corpo di Cristo toccato con mano. Ma fate attenzione a quel che si aggiunge: «La vita si è fatta visibile» (1 Gv 1, 2). E' Cristo dunque il verbo della vita.
E come si è fatta visibile? Esisteva fin dal principio, ma non si era ancora manifestata agli uomini; si era manifestata agli angeli ed era come loro cibo. Ma cosa dice la Scrittura? «L'uomo mangiò il pane degli angeli« (Sal 77, 25).
Dunque la vita stessa si è resa visibile nella carne; si è manifestata perché la cosa che può essere visibile solo al cuore diventasse visibile anche agli occhi e risanasse i cuori. Solo con il cuore infatti può essere visto il Verbo, la carne invece anche con gli occhi del corpo. Si verificava dunque anche la condizione per vedere il verbo: il Verbo si è fatto carne, perché la potessimo vedere e fosse risanato in noi ciò che ci rende possibile vedere il Verbo.
Disse: «Noi rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile» (1 Gv 1, 29, ossia, si è resa visibile fra di noi; o meglio, si è manifestata a noi.
«Quello dunque che abbiamo veduto e udito, lo annunziamo anche a voi» (1 Gv 1, 3). Comprenda bene il vostro amore: «Quello che abbiamo veduto e udito, lo annunziamo anche a voi». Essi videro il Signore stesso presente nella carne e ascoltarono le parole dalla bocca del Signore e lo annunziarono a noi. Anche noi perciò abbiamo udito, ma non abbiamo visto.
Siamo dunque meno fortunati di coloro che hanno visto e udito? E come mai allora aggiunge: «Perché anche voi siate in comunione con noi»? (1 Gv 1, 3).Essi hanno visto, noi, no, eppure siamo in comunione, perché abbiamo una fede comune.
La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la vostra gioia sia perfetta (cfr. 1 Gv. 1, 3-4). Afferma la pienezza della gioia nella stessa comunione, nello stesso amore, nella stessa unità.(Tratt. 1, 1. 3; PL 35, 1978. 1980)

 
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