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III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) 3 Marzo 2013

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view post Posted on 1/3/2013, 21:36

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Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola

L’uomo non è stato creato per rovinarsi la vita. Non si può neanche immaginare che, fornito di ragione, egli lo desideri. E tuttavia tutto sembra svolgersi in modo che ciò avvenga, a tale punto che si arriva a dubitare dei propri desideri di pienezza e perfino a negare la loro possibilità. Un fatto nuovo è accaduto nella storia, che “molti profeti e re hanno voluto vedere e non hanno visto, e udire e non hanno udito”. Una Presenza inevitabile, provocatoria, di un’autorità fino ad allora sconosciuta, che ha il potere di risvegliare nel cuore dell’uomo i suoi desideri più veri; un Uomo che si riconosce facilmente come la Via, la Verità e la Vita per raggiungere la propria completezza. Il momento è quindi decisivo, grave. Quest’uomo chiama tutti quelli che sono con lui a definire la propria vita davanti a lui. Ma c’è un’ultima e misteriosa resistenza dell’uomo proprio davanti a colui di cui ha più bisogno.
Bisogna quindi ingaggiare una battaglia definitiva perché l’uomo ritrovi il gusto della libertà. E Cristo lotterà fino alla morte, per dare “una dolce speranza e per concedere dopo i peccati la possibilità di pentirsi” (cf. Sap 12,19).
Ma non tentiamo di ingannarci. Ci troviamo nelle ultime ore decisive. Cristo può, in un ultimo momento di pazienza, prolungare il termine, come fa per il fico della parabola, ma non lo prolungherà in eterno!

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Antifona d'ingresso
“Quando manifesterò in voi la mia santità,
vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo”, dice il Signore. (Ez 36,23-26)

Colletta
Dio misericordioso, fonte di ogni bene,
tu ci hai proposto a rimedio del peccato
il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna;
guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria
e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe,
ci sollevi la tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Prima lettura
Es 3,1-8.13-15
Io-Sono mi ha mandato a voi.


Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 102
Il Signore ha pietà del suo popolo.


Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.


Seconda lettura
1Cor 10,1-6.10-12
La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
Parola di Dio


Canto al Vangelo (Mt 4,17)

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode e onore a te, Signore Gesù!


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Vangelo
Lc 13,1-9
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore

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Preghiera dei fedeli
Il nostro tempo su questa terra è limitato, ma Gesù ci ha mostrato che nulla della nostra vita è insignificante se è vissuto in comunione con Dio.
Preghiamo insieme e diciamo: Signore, convertici ad una vita autentica.

1. Perché non crediamo che ci siano vie intermedie tra una vita convertita al Vangelo e una vita non convertita. Preghiamo.
2. Perché invece di lamentarci del passato e di preoccuparci per il futuro ci catturi la bellezza di vivere il presente. Preghiamo.
3. Perché sappiamo che al di là del nostro rifiuto Tu rinnovi sempre la possibilità di migliorarci nel Tuo amore. Preghiamo.
4. Perché la profondità del Tuo essere susciti sempre in noi il desiderio di conoscerti e di entrare in relazione con Te. Preghiamo.

O Padre, solo Tu hai parole di vita eterna. Solo Tu ci elevi alla nostra dignità di uomini e figli. Aiutaci a costruire la nostra vita al servizio di questa luminosa verità. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.


Preghiera sulle offerte
Per questo sacrificio di riconciliazione
perdona, o Padre, i nostri debiti
e donaci la forza di perdonare ai nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.


PREFAZIO DI QUARESIMA III
I frutti della penitenza

È veramente cosa buona e giusta,
innalzare un inno a te, Padre onnipotente,
e cantare insieme la tua lode.
Tu vuoi che ti glorifichiamo
con le opere della penitenza quaresimale,
perché la vittoria sul nostro egoismo
ci renda disponibili alle necessità dei poveri,
a imitazione di Cristo tuo Figlio, nostro salvatore.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli,
ai Troni e alle Dominazioni
e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con voce incessante
l’inno della tua gloria: Santo...


Antifona di comunione
Il passero trova la casa,
la rondine il nido dove porre i suoi piccoli
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. (Sal 84,4-5)


Preghiera dopo la comunione
O Dio, che ci nutri in questa vita
con il pane del cielo, pegno della tua gloria,
fa’ che manifestiamo nelle nostre opere
la realtà presente nel sacramento che celebriamo.
Per Cristo nostro Signore.


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Commento "Se Dio non ha fretta e attende con pazienza" (Di Padre Gianfranco Scarpitta)

La liturgia odierna mi rammenta, anche se la condizione non è identica, un discorso che ai tempi del seminario a Roma sentii proferire da un sacerdote a noi giovani formandi: "Non crediate che coloro che hanno deciso di abbandonare il seminario siano spiritualmente meno preparati di noi... Non crediate che noi siamo migliori di coloro che scelgono la vita coniugale, il mondo professionale o addirittura abbracciano l'idea anticlericale!" Da aggiungere a questa osservazione che non è affatto vero che persone di cultura generale medio bassa siano digiuni di sapere teologico o spirituale: a volte hanno molto da insegnare ai raffinati intellettuali della religione! Tempo fa' mi imbattei in un tossicodipendente di strada che, preso l'argomento, mi palesò tutta la sua conoscenza della Bibbia e la sua fede intensa nel Signore, cosa che non sempre si riscontra nella comune gente di chiesa. C'è molta santità anche fuori dalla Chiesa, a volte più che da noi.
Purtroppo non è affatto raro che noi sacerdoti e religiosi ci consideriamo al di sopra di tutti gli altri solo in ragione dell'abito che indossiamo e che peggio ancora pretendiamo di avere soltanto da insegnare agli altri, senza necessità di dover apprendere. Eppure la Scrittura è categorica nel ragguagliarci di come Dio elegge a profeti e ministri proprio coloro che socialmente vengono deprezzati o respinti perché peccatori o perché ignoranti e meschini. Dio avrebbe potuto servirsi di ben altre persone quali intermediari presso il faraone nel suo disegno di liberazione del popolo d'Israele. Avrebbe potuto manifestarsi ad uno dei cortigiani dello stesso re d'Egitto o ad un diplomatico, a un funzionario... e invece solo Mosè, reo di sangue e incolto allevatore di bestiame, viene scelto ed equipaggiato per un tale delicato ministero: Mosè viene chiamato in una circostanza tanto inaspettata quanto intima da colui che gli si rivela "Io sono", cioè l'Ineffabile, il Supremo innominabile che non disdegna di comunicare con gli uomini. Dio gli si mostra con la prerogativa del fuoco, che pur ardendo un roveto non lo consuma: fuoco della presenza di Dio che purifica, rafforza e rinsalda e in questo caso convince. Ciò ci illustra che non vi sono prerogative di merito nell'uomo che possano attrarre l'attenzione di Dio e che al contrario altri possono essere anche più meritevoli di noi. L'episodio di Mosè sul monte delinea il fattore fiducia, misto a conversione e a vocazione, per cui l'uomo non può che sentirsi spronato verso Dio, il quale lo sceglie semplicemente perché lo vuole e non già perché egli lo merita.
Ciò già e sufficiente a spiegare che a noi (cristiani) non spetta giudicare o sindacare nessuno quanto alle proprie qualità, al suo comportamento o ad atteggiamenti o altro; tanto meno ci è legittimo usare presunzione e superbia esaltando noi stessi sugli altri in forza di una presunta perfezione acquisita. Piuttosto, quanto è di nostra pertinenza è la conversione: metterci in discussione per provvedere a lacune o defezioni non sarà mai abbastanza nel nostro percorso spirituale e va scongiurata l'idea di aver raggiunto il traguardo una volta per tutte. La conversione è continua e improcrastinabile e occupa tutto lo spazio della nostra vita; quando si è invasi dalla certezza di trovarci a posto nei nostri rapporti con Dio, tale presunzione impone che l'itinerario ricominci ex novo sin dall'inizio.
La chiesa è Sacramento di salvezza, per mezzo della quale Dio chiama tutti alla comunione con sé, alla conversione, ma al tempo stesso è un insieme di membri che si impegnano nello stesso intento. Siamo una comunità di peccatori che nella comunione aspirano alla riconciliazione con Dio e nella Chiesa non possono mancare i mezzi perché il singolo fratello possa conseguire siffatto obiettivo di ritorno al Signore.
Ciò tuttavia non sarà mai fattibile senza la previa, umile consapevolezza di non essere affatto perfetti o elevati rispetto ai cosiddetti "peccatori" comunemente intesi. Già altrove Gesù invitava chi si ritenesse davvero giusto a "scagliare la propria pietra" contro una peccatrice meritevole di lapidazione ("Chi è senza peccato, scagli la prima pietra"); adesso ribadisce tale concetto con particolari riferimenti a sciagure che hanno colpito chi era reo e meritevole di condanna: certi Galilei che erano stati condannati a morte da Pilato dopo aver fatto sacrifici inconsulti e diciotto persone sulla quale era crollata la torre di Siloe. Che loro abbiano subito tale punizione non vuol dire che altri siano più immacolati di loro e che non vi sia, fra coloro che si reputano giusti e impeccabili, chi meriterebbe anche una sorte peggiore. Come si diceva all'inizio, è inopportuno pensare di essere superiori agli altri o migliori quanto alla santità e alla perfezione: parimenti è presuntuoso e arrogante considerarci meno peccatori rispetto ai "lontani" o agli "infedeli", ragion per cui anziché ergerci a giudici degli altri dovremmo riprovare noi stessi ad oltranza, autoaccusarci e redimerci.
Se però la conversione è un dovere inderogabile di tutti, la pazienza di Dio concede moltissime deroghe a tutti. Dio sa attendere anche fino all'inverosimile, così come dimostra la parabola del fico sterile che il padrone accetta di non estirpare dal terreno pazientando ancora per un anno, il tempo che possa recare frutto. In agronomia è impossibile che una pianta di fico non sia in grado di recare frutto; se l'evangelista Luca la riscontra sterile è semplicemente per tratteggiare lo stato di vacuità e di infruttuosità morale di cui è capace solamente l'uomo: questi è talmente peccatore e refrattario alla conversione che potrebbe paragonarsi ad un fico che non reca frutto (cosa inverosimile). Dio tuttavia non si arrende all'ostilità umana e attende con pazienza, fiducioso che i frutti degli di penitenza si mostrino effettivi poiché nella volontà di salvezza divina vi è il sacrificio dell'attesa del ritorno dell'uomo, lo spasimo a tutti i costi perché anche un solo soggetto si converta e viva. Pazienza e sopportazione che diventeranno poi manifeste nella croce. Se l'amore di Dio spinge alla conversione (Rm 2, 4) la pazienza e la disponibilità sono prerogative dell'amore inesauribile di Dio che rende la conversione un fatto possibile: Dio non ha fretta nell'aspettare aspettare così come l'uomo non ha fretta di migliorare.
Quando siamo presi dall'impazienza nei confronti degli altri, occorre che diamo uno sguardo alla pazienza di Dio nei nostri confronti.

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Video Commento a cura di Paolo Curtaz



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Meditazione del giorno
Asterio di Amasea ( ? – circa 410), vescovo
Omelia sulla conversione (13) PG 40, 356-357,361

Imitare la pazienza di Dio

Poiché il modello, a immagine del quale siete stati fatti, è Dio, procurate di imitare il suo esempio. Siete cristiani, e il vostro stesso nome significa “amico degli uomini” (cfr Sap 1,6): perciò siate imitatori dell'amore di Cristo. Considerate le ricchezze della sua bontà... Come ha accolto coloro che risposero alla sua chiamata? Concesse loro un pronto perdono dei peccati e li liberò da quanto li angustiava... Imitiamo l'esempio che ci ha dato il Maestro...

Nelle parabole, infatti, vedo un pastore che ha cento pecore (Lc 15,4s). Essendosi una di esse allontanata dal gregge e vagando perduta, egli non rimane con quelle che pascolavano in ordine sulla buona strada, ma, messosi alla ricerca dell'altra, supera valli e foreste, scala monti grandi e scoscesi e, camminando per lunghi deserti con grande fatica, cerca e ricerca fino a che non trova la pecora smarrita. Dopo averla trovata, non la bastona, né la costringe a forza a raggiungere il gregge, ma, presala sulle spalle e trattatala con dolcezza, la riporta al gregge, provando una gioia maggiore per quella sola ritrovata, che per la moltitudine delle altre.

Consideriamo la realtà velata e nascosta della parabola... Sono figure che contengono grandi realtà sacre. Ci ammoniscono, infatti, che non è giusto disperare degli uomini, e che non dobbiamo trascurare coloro che si trovano nei pericoli. Ricerchiamo con zelo quelli che si sono smarriti, riconduciamoli sulla retta via. Rallegriamoci del loro ritorno e reintegriamoli nella comunità di quanti vivono nella fedeltà.


 
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