Gesù Luce del mondo

Letture, Commenti e preghiere per l'unita dei Cristiani 2013

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view post Posted on 13/1/2013, 16:52

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18 Gennaio 2013 - PRIMO GIORNO: Camminare in dialogo

Genesi 11,1-9 La storia di Babele e l’eredità della nostra diversità
Un tempo tutta l'umanità parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. Emigrati dall’oriente gli
uomini trovarono una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l'altro:
«Forza! Prepariamoci mattoni e cuociamoli al fuoco!». Pensarono di adoperare mattoni al posto
delle pietre e bitume invece della calce. Poi dissero: «Forza! Costruiamoci una città! Faremo una
torre alta fino al cielo! Così diventeremo famosi e non saremo dispersi in ogni parte del mondo!». Il
Signore scese per osservare la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Disse: «Ecco, tutti
quanti formano un sol popolo e parlano la stessa lingua. E questo non è che il principio delle loro
imprese! D'ora in poi saranno in grado di fare tutto quel che vogliono! Andiamo a confondere la
loro lingua: così non potranno più capirsi tra loro». E il Signore li disperse di là in tutto il mondo;
perciò furono costretti a interrompere la costruzione della città. La città fu chiamata Babele
(Confusione) perché fu lì che il Signore confuse la lingua degli uomini e li disperse in tutto il
mondo.


Salmo 34 (33),12-19 “Venite... ascoltatemi”. L’invito di Dio alla conversazione
Venite, figli, ascoltatemi:
io vi insegnerò il timore del Signore.
Se un uomo desidera gustare la vita,
se vuole vedere molti giorni felici,
tenga lontano la lingua dal male
con le sue labbra non dica menzogne.
Fugga il male e pratichi il bene,
cerchi la pace e ne segua la via!
L’occhio del Signore segue i giusti,
il suo orecchio ne ascolta le grida.
Il suo sguardo affronta i malvagi,
e ne cancella perfino il ricordo.
Il Signore ascolta chi lo invoca
e lo libera da tutte le sue angustie.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore affranto,
salva colui che è abbattuto.


Atti 2,1-12 L’effusione dello Spirito, il dono della comprensione
Quando venne il giorno della Pentecoste, i credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo.
All’improvviso si sentì un rumore dal cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la casa
dove si trovavano. Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si
posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre
lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi. A Gerusalemme c’erano Ebrei, uomini
molto religiosi, venuti da tutte le parti del mondo. Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran
folla e non sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria lingua. Erano
pieni di meraviglia e di stupore e dicevano: “Questi uomini che parlano non sono tutti Galilei?
Come mai allora ciascuno di noi li sente parlare nella sua lingua nativa? Noi apparteniamo a popoli
diversi: Parti, Medi e Elamiti. Alcuni di noi vengono dalla Mesopotamia, dalla Giudea e dalla
Cappadòcia, dal Ponto e dall’Asia, dalla Frigia e dalla Panfilia, dall’Egitto e dalla Cirenaica, da
Creta e dall’Arabia. C’è gente che viene perfino da Roma: alcuni sono nati ebrei, altri invece si
sono convertiti alla religione ebraica. Eppure tutti li sentiamo annunziare, ciascuno nella sua lingua,
le grandi cose che Dio ha fatto”. Se ne stavano lì pieni di meraviglia e non sapevano che cosa
pensare. Dicevano gli uni agli altri: “Che significato avrà tutto questo?”.


Luca 24,13-35 La conversazione con il Cristo Risorto durante il cammino
Quello stesso giorno due discepoli stavano andando verso Emmaus, un villaggio lontano circa
undici chilometri da Gerusalemme. Lungo la via parlavano tra loro di quel che era accaduto in
Gerusalemme in quei giorni. Mentre parlavano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a
camminare con loro. Essi però non lo riconobbero, perché i loro occhi erano come accecati.
Gesù domandò loro:
– Di che cosa state discutendo tra voi mentre camminate?
Essi allora si fermarono, tristi. Uno di loro, un certo Clèopa, disse a Gesù:
– Sei tu l’unico a Gerusalemme a non sapere quel che è successo in questi ultimi giorni?
Gesù domandò:
– Che cosa?
Quelli risposero:
– Il caso di Gesù, il Nazareno! Era un profeta potente davanti a Dio e agli uomini, sia per quel che
faceva sia per quel che diceva. Ma i capi dei sacerdoti e il popolo l’hanno condannato a morte e
l’hanno fatto crocifiggere. Noi speravamo che fosse lui a liberare il popolo d’Israele! Ma siamo già
al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti. Una cosa però ci ha sconvolto: alcune donne
del nostro gruppo sono andate di buon mattino al sepolcro di Gesù ma non hanno trovato il suo
corpo. Allora sono tornate indietro e ci hanno detto di aver avuto una visione: alcuni angeli le hanno
assicurate che Gesù è vivo. Poi sono andati al sepolcro altri del nostro gruppo e hanno trovato tutto
come avevano detto le donne, ma lui, Gesù, non l’hanno visto.
Allora Gesù disse:
– Voi capite poco davvero; come siete lenti a credere quel che i profeti hanno scritto! Il Messia non
doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?
Quindi Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano. Cominciò dai libri di
Mosè fino agli scritti di tutti i profeti.
Intanto arrivarono al villaggio dove erano diretti, e Gesù fece finta di continuare il viaggio. Ma quei
due discepoli lo trattennero dicendo: “Resta con noi perché il sole ormai tramonta”. Perciò Gesù
entrò nel villaggio per rimanere con loro. Poi si mise a tavola con loro, prese il pane e pronunziò la
preghiera di benedizione; lo spezzò e cominciò a distribuirlo.
In quel momento gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù, ma lui sparì dalla loro
vista. Si dissero l’un l’altro: “Non ci sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la via ci
parlava e ci spiegava la Bibbia?”. Quindi si alzarono e ritornarono subito a Gerusalemme. Là,
trovarono gli undici discepoli riuniti con i loro compagni. Questi dicevano: “Il Signore è veramente
risorto ed è apparso a Simone”. A loro volta i due discepoli raccontarono quel che era loro accaduto
lungo il cammino, e dicevano che lo avevano riconosciuto mentre spezzava il pane.


Commento

Camminare con Dio in umiltà significa camminare come persone che dialogano fra di loro e con il
Signore, sempre attente a quanto ascoltano. Per questo motivo cominciamo la nostra celebrazione
della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani riflettendo su alcuni brani delle Scritture che
presentano l’atto del conversare. Il dialogo è centrale nel Movimento ecumenico dal momento che
crea lo spazio per imparare gli uni dagli altri, per condividere ciò che abbiamo in comune, e per
ascoltare e prendere atto delle differenze. In questo modo si sviluppa la comprensione reciproca. I
doni che provengono dalla ricerca dell’unità sono parte della nostra fondamentale chiamata a
rispondere a ciò che Dio esige da noi: mediante un dialogo autentico, si realizza la giustizia e si
favorisce la benevolenza. Le esperienze concrete di liberazione in tutto il mondo palesano che
l’isolamento delle persone costrette a vivere in povertà è energicamente superato da una prassi di
dialogo.
La lettura di oggi, dal Libro della Genesi, e la narrazione della Pentecoste, riflettono entrambe
qualcosa di questo atto umano, e del suo ruolo nel piano liberatore di Dio per il suo popolo. Lastoria della torre di Babele descrive in primis come, dove non ci sono più barriere di linguaggio,
siano possibili grandi imprese. Tuttavia, la storia ci mostra anche come questo potenziale sia
percepito anche per la propria auto-promozione: “Così diventeremo famosi” è la motivazione per
l’edificazione della grande città. Alla fine questo progetto conduce alla confusione delle lingue, da
allora in poi dobbiamo imparare la nostra umanità attraverso il paziente ascolto dell’altro, anche se
ci appare strano. È con l’effusione dello Spirito a Pentecoste che la comprensione attraverso le
differenze viene resa possibile in un modo nuovo, mediante la potenza della Resurrezione di Gesù.
Ora siamo invitati a condividere il dono della parola e dell’ascolto protesi verso il Signore e verso la
libertà. Siamo chiamati a camminare nello Spirito.
L’esperienza dei discepoli sulla strada di Emmaus è una conversazione che ha luogo in un contesto
di viaggio insieme, ma anche di perdita e di speranza delusa. Come chiese che vivono la disunione a
diversi livelli, e come società divise da pregiudizi e paura dell’altro, possiamo riconoscerci in questa
situazione. Eppure è precisamente qui che Gesù sceglie di unirsi alla conversazione - non
assumendo il ruolo superiore di maestro, ma camminando accanto ai suoi discepoli. È il suo
desiderio di essere parte delle nostre conversazioni, ed è la nostra risposta nel volere che Egli
rimanga e conversi ancora con noi, a renderci capaci di un incontro vitale con il Signore risorto.
Ogni cristiano ha qualche esperienza di questo incontro con Gesù, e ha sentito la potenza della sua
parola “come un fuoco nel cuore”; questa esperienza di resurrezione ci invita ad una più profonda
unità in Cristo. La conversazione costante fra di noi e con Gesù - anche nel nostro disorientamento -
ci fa proseguire nel cammino comune.


Preghiera

Signore nostro Gesù Cristo, proclamiamo con gioia la nostra comune identità nel tuo nome, e ti
ringraziamo per averci invitato ad un dialogo d’amore con te. Apri i nostri cuori affinché possiamo
condividere più perfettamente la tua preghiera al Padre che tutti siamo una cosa sola, in modo che,
mentre camminiamo insieme, possiamo avvicinarci gli uni agli altri. Donaci il coraggio di portare
insieme testimonianza alla verità, e di includere nel nostro dialogo anche coloro che fanno
perdurare la divisione. Manda il tuo Spirito a renderci capaci di affrontare le situazioni in cui
mancano la dignità e la compassione nelle nostre società, nelle nostre nazioni e nel mondo. Dio
della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Dove possiamo realizzare un autentico dialogo, malgrado le differenze che ci separano?

2. Le nostre conversazioni sono improntate a qualche nostro progetto personale, o alla vita che porta
la speranza della resurrezione?

3. Con quali persone conversiamo e chi, invece, non è incluso nel nostro dialogo? Per quale motivo?


19 Gennaio 2013 - SECONDO GIORNO: Camminare come corpo di Cristo

Ezechiele 37,1-14 “Queste ossa possono rivivere?”
Il Signore mi afferrò con la sua potente mano, il suo spirito mi prese e mi portò in una valle tutta
coperta di ossa. Mi fece passare tutt'intorno ad esse e notai che erano moltissime, sparse per terra e
completamente secche. Il Signore mi disse:
- Ezechiele, queste ossa possono rivivere?
Risposi:
- Dio, Signore, tu lo sai.
Egli aggiunse:
- Parla a queste ossa da parte mia, di’ loro: ossa secche, ascoltate la parola del Signore! Io, Dio, il
Signore, annunzio che faccio entrare in voi il respiro e voi rivivrete. Metterò su di voi nervi, farò
crescere la carne e vi ricoprirò di pelle. Poi vi infonderò il respiro e voi rivivrete. Allora
riconoscerete che io sono il Signore. Mi rivolsi alle ossa come il Signore mi aveva ordinato. E
mentre parlavo, sentii il rumore di qualcosa che si muoveva: le ossa si avvicinavano tra loro e si
univano l’uno all’altro. Vidi formarsi su di loro i nervi, la carne e le vidi ricoprirsi di pelle. Ma
erano ancora inanimate, senza respiro.
Allora il Signore mi disse:
- Tu sei solo un uomo, ma parla a nome mio, rivolgiti da parte mia al soffio della vita con queste
parole: Soffio della vita, Dio, il Signore, ti ordina di venire da ogni direzione e di soffiare su questi
cadaveri perché rivivano! Io pronunziai le parole che il Signore mi aveva ordinato di dire. Il soffio
della vita entrò in quei corpi ed essi ripresero vita. Si alzarono in piedi. Tutti insieme sembravano
un esercito grandissimo.
Il Signore continuò:
- Ezechiele, queste ossa rappresentano il mio popolo. Infatti gli Israeliti dicono: “Siamo diventati
ossa secche, senza speranza, perduti per sempre!. E per questo riferisci loro quel che io, il loro Dio,
il Signore, dichiaro: Io sto per aprire le vostre tombe: vi farò uscire, popolo mio, e vi condurrò nella
vostra terra, Israele. Quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire, popolo mio, allora riconoscerete
che io sono il Signore. Metterò il mio spirito in voi e voi vivrete. Vi lascerò vivere nella vostra terra.
Allora riconoscerete che io sono il Signore e che quel che dico, lo faccio. Lo affermo io, il
Signore!”.


Salmo 22 (21),2-9 Il servo di Dio, disprezzato e insultato, grida a Dio
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Perché rimani lontano e non mi aiuti?
Perché non ascolti il mio pianto?
Di giorno grido, mio Dio, e tu non rispondi,
anche di notte, e non trovo pace.
Eppure tu, il Santo, abiti fra noi,
in mezzo a Israele, popolo che ti loda.
In te sperarono i nostri padri:
hanno sperato e li hai condotti in salvo,
ti chiesero aiuto e li hai liberati,
si sono fidati e non sono rimasti delusi.
Ma io sono un verme, non sono più un uomo;
la gente mi insulta, tutti mi disprezzano.
Ride di me chiunque mi incontra,
storce la bocca, scuote la testa e dice:
“Ponga la sua fiducia nel Signore,
lo salvi lui, lo liberi, se lo ama davvero!”.


Ebrei 13,12-16 La chiamata ad andare da Gesù “fuori dalle mura”
Per questo anche Gesù è morto fuori delle mura della città, per purificare il popolo con il suo
sangue. Dunque usciamo anche noi fuori della città, andiamo verso di lui, portando la sua stessa
umiliazione. Perché noi non abbiamo quaggiù una città nella quale resteremo per sempre; noi
cerchiamo la città che deve ancora venire. Per mezzo di Gesù, offriamo continuamente a Dio –
come sacrificio – le nostre preghiere di lode, il frutto delle nostre labbra che cantano il suo nome.
Non dimenticate di fare il bene e di mettere in comune ciò che avete. Perché sono questi i sacrifici
che piacciono al Signore.


Luca 22,14-23 Gesù spezza il pane, dona Se stesso prima della sua Passione
Quando venne l’ora per la cena pasquale, Gesù si mise a tavola con i suoi apostoli. Poi disse loro:
“Ho tanto desiderato fare questa cena pasquale con voi prima di soffrire. Vi assicuro che non
celebrerò più la Pasqua, fino a quando non si realizzerà nel regno di Dio”.
Poi Gesù prese un calice, ringraziò Dio e disse: “Prendete questo calice e fatelo passare tra di voi.
Vi assicuro che da questo momento non berrò più vino fino a quando non verrà il regno di Dio”. Poi
prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse:
“Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo,
alla fine della cena, offrì loro il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza che Dio
stabilisce per mezzo del mio sangue, offerto per voi.
“Ma ecco: il mio traditore è qui a tavola con me. Il Figlio dell’uomo va incontro alla morte, come è
stato stabilito per lui; ma guai a quell’uomo per mezzo del quale egli è tradito”. Allora i discepoli di
Gesù cominciarono a domandarsi gli uni con gli altri chi di loro stava per fare una cosa simile.


Commento

Camminare in umiltà con Dio significa ascoltare la chiamata ad uscire dal palazzo della nostra
comodità, e ad accompagnare l’altro, specialmente colui che soffre. “Siamo diventati ossa secche,
senza speranza, perduti per sempre”: queste parole di Ezechiele danno voce all’esperienza di molte
persone in tutto il mondo oggi. In India è il “popolo emarginato” delle comunità Dalit la cui vita
parla di questa sofferenza - una sofferenza che Cristo, il crocefisso, condivide. Gesù, insieme alle
persone ferite di ogni tempo e in ogni luogo, eleva a Dio il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?”
I cristiani sono chiamati a questa via della croce. La Lettera agli Ebrei parla chiaramente non solo
della realtà salvifica della sofferenza di Gesù, che si consuma in un luogo ai margini, ma anche
della necessità per i suoi discepoli di andare “fuori dalle mura” per incontrarlo lì. Quando
incontriamo coloro che sono stati esclusi, come i Dalits, e riconosciamo il crocefisso nella loro
sofferenza, la strada da intraprendere è chiara: essere con Cristo significa essere in solidarietà con
coloro ai margini di cui lui condivide le ferite.
Il corpo di Cristo, lacerato sulla croce, è “spezzato per voi”, la sofferenza e la morte di Cristo sono
anticipate nell’episodio dell’Ultima Cena, e ogni Eucaristia è celebrata come vittoria sulla morte.
Nella celebrazione cristiana, il corpo sacrificato di Cristo è il suo corpo risorto e glorioso; il suo
corpo è spezzato cosicché noi possiamo condividere la sua vita, e, in lui, essere un solo corpo.
Come cristiani in cammino verso l’unità possiamo spesso vedere l’Eucaristia come il luogo in cui lo
scandalo della nostra disunione è dolorosamente reale, sapendo che, per ora, non possiamo ancora
condividere insieme questo sacramento come dovremmo. Questa situazione ci chiama ad un
rinnovato sforzo verso una più profonda comunione l’uno con l’altro.
La lettura di oggi potrebbe avviare un’altra linea di riflessione. Camminare come corpo di Cristo
apre la strada ad “atti eucaristici”: condividere il nostro pane con gli affamati, rompere le barriere
della povertà e della disuguaglianza, in cui tutti i cristiani sono chiamati ad operare insieme. Papa
Benedetto XVI contestualizza la sua riflessione sull’Eucaristia per la Chiesa, nella comprensionecattolica, proprio in questa linea: è un sacramento che non deve solo essere creduto e celebrato, ma
deve anche essere vissuto (Sacramentum Caritatis). Nella comprensione ortodossa della “liturgia
dopo la liturgia” si riconosce che non vi è “nulla di autenticamente umano” che non trovi il suo
modello e la sua vita nell’Eucaristia (cfr. SC 71).


Preghiera

O Dio compassionevole, tuo Figlio è morto sulla croce perché le nostre divisioni potessero essere
annientate dal suo corpo lacerato. Eppure, noi lo abbiamo crocefisso ancora, e ancora e ancora con
la nostra disunione, e con sistemi e prassi che ostruiscono la tua amorevole cura e minano la tua
giustizia verso gli esclusi dai doni della tua creazione. Manda il tuo Spirito a soffiare vita e
guarigione sulla nostra divisione, perché possiamo insieme rendere testimonianza alla giustizia e
all’amore di Cristo. Cammina con noi verso il giorno in cui potremo condividere l’unico pane e
l’unico calice alla comune mensa. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Alla luce della tradizione profetica secondo cui Dio desidera la giustizia piuttosto che rituali
senza giustizia, dobbiamo domandarci: in quale modo l’Eucaristia, mistero della lacerazione e della
nuova vita di Cristo, può essere celebrata ovunque nel nostro cammino?

2. Come potremmo, insieme come cristiani, testimoniare meglio la nostra unità in Cristo nelle
situazioni di lacerazione ed emarginazione?


20 Gennaio 2013 - TERZO GIORNO: Camminare verso la libertà

Esodo 1,15-22 Le levatrici ebree obbediscono a Dio, non al comando del faraone
Gli Israeliti avevano due levatrici: Sifra e Pua. Il re dell'Egitto comandò loro: «Quando assistete nel
parto le donne ebree, fate attenzione al sesso del bambino: se è un maschio, dovete farlo morire; se
invece è una femmina, lasciatela vivere». Le levatrici però preferirono ubbidire a Dio: non
eseguirono il comando del re e lasciarono in vita i bambini.
Il re chiamò le levatrici e disse loro:
- Perché avete agito così e avete lasciato vivere anche i maschi?
Le levatrici risposero:
- Le donne ebree non sono come le egiziane: sono più robuste e, quando arriva la levatrice, hanno
già partorito.
Dio favorì l'opera delle levatrici e il popolo israelita crebbe e diventò sempre più numeroso. Dal
momento che esse gli avevano ubbidito, Dio concesse loro di avere una propria famiglia. Allora il
faraone comandò a tutto il suo popolo: «Gettate nel Nilo tutti i maschi degli Ebrei, lasciate vivere
soltanto le femmine».


Salmo 17 (16),1-6 La preghiera confidente di chi è aperto allo sguardo di Dio
Preghiera di Davide.
Ascoltami, Signore: chiedo giustizia.
Presta attenzione al mio grido,
tendi l'orecchio alla mia preghiera,
sulle mie labbra non c’è inganno.
Pronunzia tu la sentenza su di me,
guarda bene chi è nel giusto.
Esamina la mia coscienza,
scrutala anche di notte.
Passami alla prova del fuoco,
non troverai nulla contro di me:
ho sempre detto la verità.
In ogni azione ho seguito la tua parola,
evitando la strada dei violenti.
I miei passi non hanno lasciato la tua via,
i miei piedi non hanno smarrito la tua strada.
Io t'invoco e tu, o Dio, mi rispondi.
Tendi l'orecchio, ascolta le mie parole.


2 Corinzi 3,17-18 La libertà dei figli di Dio nella gloria
In questo testo il Signore è lo Spirito, e dove c’è lo Spirito del Signore, là c’è libertà. Ora noi tutti
contempliamo a viso scoperto la gloria del Signore, una gloria sempre maggiore che ci trasforma
per essere simili a lui. Questo compie lo Spirito del Signore.


Giovanni 4,4-26 La conversazione con Gesù porta la donna samaritana ad una vita più libera
Gesù doveva attraversare la Samaria. Così arrivò alla città di Sicàr. Lì vicino c’era il campo che
anticamente Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe, e c’era anche il pozzo di Giacobbe. Gesù
era stanco di camminare e si fermò, seduto sul pozzo. Era circa mezzogiorno. I discepoli entrarono
in città per comprare qualcosa da mangiare. Intanto una donna della Samaria viene al pozzo a
prendere acqua.
Gesù le dice:
– Dammi un po’ d’acqua da bere.
Risponde la donna:
– Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono Samaritana? (Si sa che i Giudei non
hanno buoni rapporti con i Samaritani).
Gesù le dice:
– Tu non sai chi è che ti ha chiesto da bere e non sai che cosa Dio può darti per mezzo di lui. Se tu
lo sapessi, saresti tu a chiederglielo, ed egli ti darebbe acqua viva.
La donna osserva:
– Signore, tu non hai un secchio, e il pozzo è profondo. Dove la prendi l’acqua viva? Non sei mica
più grande di Giacobbe, nostro padre, che usò questo pozzo per sé, per i figli e per le sue bestie, e
poi lo lasciò a noi!
Gesù risponde alla donna:
– Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete. Invece, se uno beve dell’acqua che io gli darò,
non avrà mai più sete: l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente che dà la vita eterna.
La donna dice a Gesù:
– Signore, dammela quest’acqua, così non avrò più sete e non dovrò più venir qui a prendere acqua.
Gesù dice alla donna:
– Va’ a chiamare tuo marito e torna qui.
La donna gli risponde:
– Non ho marito.
Gesù le dice:
– Giusto. È vero che non hai marito. Ne hai avuti cinque, di mariti, e l’uomo che ora hai non è tuo
marito.
La donna esclama:
– Signore, vedo che sei un profeta! I nostri padri, Samaritani, adoravano Dio su questo monte; voi
in Giudea dite che il luogo per adorare Dio è a Gerusalemme.
Gesù le dice:
– Voi Samaritani adorate Dio senza conoscerlo; noi in Giudea lo adoriamo e lo conosciamo, perché
Dio salva gli uomini cominciando dal nostro popolo. Ma credimi: viene il momento in cui
l’adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene un’ora, anzi è già
venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito.
Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio.
La donna gli risponde:
– So che deve venire un Messia, cioè il Cristo, l’inviato di Dio. Quando verrà, ci spiegherà ogni
cosa.
E Gesù:
– Sono io il Messia, io che parlo con te.


Commento

Camminare in umiltà con il Signore è sempre un percorso di accoglimento della libertà che Egli
offre a tutte le persone. Ricordiamocene durante questa celebrazione. Celebriamo il mistero della
lotta per la libertà, che ha luogo anche nei contesti in cui l’oppressione, il pregiudizio e la povertà
sembrano essere fardelli impossibili. Il diniego risoluto nell’accettare comandi e condizioni
disumane - come quelli dati dal faraone alle levatrici del popolo ebraico schiavo - possono sembrare
azioni piccole; ma tali sono spesso le azioni adatte per promuovere la libertà nelle comunità locali
in ogni luogo.

Perciò noi celebriamo la determinazione alla libertà - nella dignità, nell’inclusività sociale, e in una
giusta condivisione di tutti i beni - quale è visibile nelle comunità Dalit. Questo cammino deciso
verso la pienezza di vita propone a tutti noi, intrappolati come siamo, in diversi modi, nei modelli di
ineguaglianza in ogni parte della terra, il dono della speranza del vangelo.

Il percorso, passo dopo passo, verso la libertà dall’ingiusta discriminazione e da pratiche di
pregiudizio si comprende bene dalla storia dell’incontro di Gesù con la donna samaritana al pozzo.
Vi è una donna che cerca, anzitutto, di mettere in discussione i pregiudizi di cui è oggetto, così
come di trovare il modo di alleviare il gravame della sua vita. Queste preoccupazioni sono il punto
di partenza della sua conversazione con Gesù. Gesù stesso si intrattiene in conversazione con lei sia
a motivo della necessità dell’aiuto, sia a motivo della necessità di smantellare i pregiudizi sociali
che rendono questo aiuto problematico. A poco a poco si dischiude di fronte alla donna la strada
verso una vita più libera, via via che la complessità della sua vita è vista sempre più alla luce delle
parole di Gesù. Alla fine questa conversazione introspettiva riporta la conversazione al punto in cui
ciò che divide questi due gruppi di persone - il luogo in cui dovrebbero adorare - viene trasceso.
Adorare “guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio” è ciò che viene richiesto; e qui noi impariamo
ad essere liberi da tutto ciò che ci trattiene dalla vita in comune, dalla vita in pienezza.
Essere chiamati ad una maggiore libertà in Cristo, è una chiamata ad una più profonda comunione.
Ciò che ci separa - sia come cristiani che cercano l’unità, che come popoli divisi da tradizioni
ingiuste e da disuguaglianze - ci rende prigionieri, e sconosciuti gli uni agli altri. La nostra libertà in
Cristo è invece caratterizzata dalla nuova vita nello Spirito che ci rende capaci, insieme, di stare
davanti alla gloria di Dio “a viso scoperto”; è in questa gloriosa luce che impariamo a guardarci l’un
l’altro più sinceramente, mentre cresciamo nell’immagine di Cristo verso la pienezza dell’unità
cristiana.


Preghiera

O Dio liberatore, ti ringraziamo per il coraggio e la speranza della fede di coloro che combattono
per la dignità e la pienezza di vita. Sappiamo che Tu rialzi i caduti e liberi i prigionieri. Tuo Figlio
Gesù cammina con noi per mostrarci la via verso l’autentica libertà. Fa’ che possiamo apprezzare
ciò che ci viene dato, e prendere forza nel contrastare tutto ciò che ci rende schiavi dentro. Manda il
tuo Spirito perché la verità ci renda liberi, e possiamo proclamare con voce unita il tuo amore al
mondo. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Ci sono momenti in cui, nelle nostre comunità cristiane, i pregiudizi e i giudizi del mondo -
riguardo la casta, l’età, il genere, la razza, il livello educativo - ci trattengono dal vederci gli uni gli
altri chiaramente alla luce della gloria di Dio?

2. Quali piccoli passi concreti possiamo intraprendere, insieme come cristiani, verso la libertà dei
figli di Dio (cfr Rom 8, 21) per le nostre chiese e per l’intera società?


21 Gennaio 2013 - QUARTO GIORNO: Camminare come figli della terra

Levitico 25,8-19 La terra è per il bene comune, non per guadagno personale
«Lascerete passare sette periodi di sette anni, ossia quarantanove anni. Poi, il dieci del settimo
mese, nel grande giorno del perdono dei peccati, farete risuonare in tutta la vostra terra il suono del
corno accompagnato da grida di gioia. In questo modo dichiarerete santo il cinquantesimo anno, e
proclamerete la liberazione per tutti gli abitanti della vostra terra. Quest'anno porterà il nome di
Giubileo. In questa occasione, ciascuno di voi potrà rientrare in possesso delle sue terre e ritornare
nella sua famiglia. È così che voi celebrerete ogni volta i cinquant'anni del Giubileo. Non dovrete
seminare i vostri campi, né mietere le spighe che saranno cresciute naturalmente, né vendemmiare i
grappoli che saranno maturati nelle vigne non coltivate, perché è l'anno del Giubileo, di cui voi
rispetterete la santità. Voi potrete invece mangiare quel che i campi producono spontaneamente.
Nell'anno del Giubileo, ciascuno di voi rientrerà in possesso delle sue terre. Se voi acquistate o
vendete del terreno a un connazionale, non fategli torto. Acquistate o vendete tenendo conto degli
anni trascorsi dal tempo dell'ultimo Giubileo e, di conseguenza, anche degli anni di raccolto che
restano fino al prossimo Giubileo. Più anni avanzeranno, più il prezzo d'acquisto sarà elevato; meno
anni resteranno, minore sarà il prezzo: infatti, quel che si vende è un certo numero di raccolti.
Manifestate il vostro rispetto verso di me, il Signore vostro Dio, non provocando nessun danno ai
vostri connazionali. Mettete in pratica le mie leggi e osservate le norme che io vi do, allora abiterete
al sicuro nella vostra terra. La terra produrrà raccolti molto abbondanti per nutrirvi, e voi potrete
vivere senza preoccupazioni.


Salmo 65 (64),6b-14 L’abbondante effusione della grazia di Dio sulla terra
Tu, fiducia delle terre più distanti,
dei mari più lontani.
Tu, rivestito di potenza,
stabilisci con forza le basi dei monti.
Plachi il ruggito del mare,
il fragore delle onde,
il tumulto dei popoli.
Per questi prodigi sono presi da timore
gli abitanti dei paesi più lontani.
Tu fai gridare di gioia
le terre d'oriente e d'occidente.
Ti prendi cura della terra,
la rendi fertile e molto ricca;
i tuoi canali sono ricolmi d'acqua,
assicuri agli uomini il frumento.
Così tu prepari la terra
irrighi i solchi, spiani le zolle,
le impregni di pioggia, benedici i germogli.
Coroni l'annata con i tuoi doni,
al tuo passaggio scorre l'abbondanza.
Nel deserto i pascoli abbondano di verde,
dai colli risuonano grida di gioia.
I prati si rivestono di greggi,
le valli si coprono di un manto di frumento.
È tutto un grido e un cantare di gioia.


Romani 8,18-25 Il desiderio di redenzione di tutta la creazione
Io penso che le sofferenze del tempo presente non siano assolutamente paragonabili alla gloria che
Dio manifesterà verso di noi. Tutto l’universo aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio
mostrerà il vero volto dei suoi figli. Il creato è stato condannato a non aver senso, non perché
l’abbia voluto, ma a causa di chi ve lo ha trascinato. Vi è però una speranza: anch’esso sarà liberato
dal potere della corruzione per partecipare alla libertà e alla gloria dei figli di Dio. Noi sappiamo
che fino a ora tutto il creato soffre e geme come una donna che partorisce. E non soltanto il creato,
ma anche noi, che già abbiamo le primizie dello Spirito, soffriamo in noi stessi perché aspettiamo
che Dio, liberandoci totalmente, manifesti che siamo suoi figli. Perché è vero che siamo salvati, ma
soltanto nella speranza. E se quel che si spera si vede, non c’è più una speranza, dal momento che
nessuno spera ciò che già vede. Se invece speriamo quel che non vediamo ancora, lo aspettiamo con
pazienza.


Giovanni 9,1-11 Gesù guarisce: fango, corpo e acqua
Camminando, Gesù passò accanto a un uomo che era cieco fin dalla nascita. I discepoli chiesero a
Gesù:
– Maestro, se quest’uomo è nato cieco, di chi è la colpa? Sua o dei suoi genitori?
Gesù rispose:
– Non ne hanno colpa né lui né i suoi genitori, ma è così perché in lui si possano manifestare le
opere di Dio. Finché è giorno, io devo fare le opere del Padre che mi ha mandato. Poi verrà la notte,
e allora nessuno può agire più. Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo.
Così disse Gesù, poi sputò in terra, fece un po’ di fango e lo mise sugli occhi del cieco. Poi gli
disse:
– Va’ a lavarti alla piscina di Siloe. (Siloe vuol dire “mandato”).
Quello andò, si lavò e tornò indietro che ci vedeva.
Allora i vicini di casa e tutti quelli che prima lo vedevano chiedere l’elemosina dicevano:
– Ma questo non è il mendicante che stava lì seduto a chiedere l’elemosina?
Alcuni rispondevano:
– È proprio lui.
Altri invece dicevano:
– Non è lui, è uno che gli somiglia.
Lui però dichiarava:
– Sì, sono io.
La gente allora gli domandò:
– Com’è che non sei più cieco?
Rispose:
– Quell’uomo, che chiamano Gesù, ha fatto un po’ di fango e me l’ha messo sugli occhi. Poi mi ha
detto: Va’ a lavarti nella piscina di Siloe. Ci sono andato, mi sono lavato e ho cominciato a vedere.


Commento

Se dobbiamo camminare in umiltà con Dio, dovremo sempre essere coscienti di noi stessi come
parte della creazione, e destinatari dei doni di Dio. Oggi vi è un riconoscimento crescente che una
migliore comprensione del nostro posto nella creazione deve diventare una priorità. Soprattutto fra i
cristiani vi è una maggiore consapevolezza di come l’attenzione per il creato sia parte del
“camminare in umiltà con Dio”, il Creatore, poiché tutto ciò che abbiamo ci è stato dato da Dio
nella sua creazione, e quindi non è “nostro” tanto da poterne usufruire a nostro piacimento. È per
questo motivo che, dal 1 settembre al 4 ottobre, i cristiani sono invitati a osservare delle “Giornate
per la salvaguardia del creato” - una pratica sempre più diffusa in molte chiese. Nel 1989 il
Patriarca ecumenico Dimitrios I ha proclamato il 1 settembre giorno di preghiera per il creato. Il
calendario liturgico delle Chiese Ortodosse comincia quel giorno con una commemorazione dellacreazione del mondo ad opera di Dio. Il 4 ottobre molte chiese di tradizione occidentale ricordano
Francesco d’Assisi, l’autore del Cantico delle creature. L’inizio e la conclusione delle “Giornate
per la salvaguardia del creato” sono perciò legate all’attenzione per il creato, rispettivamente nella
tradizione orientale e occidentale della cristianità.
La storia cristiana è una storia di redenzione per tutta la creazione; è la storia stessa della creazione.
La fede che, in Gesù, Dio diviene un essere umano, in un particolare luogo e tempo è l’articolo di
fede attorno al quale tutti i cristiani concordano. È il credo condiviso nell’Incarnazione che
comporta un profondo riconoscimento dell’importanza della creazione - dei corpi, del cibo, della
terra, dell’acqua e di tutto ciò che nutre la nostra vita come abitanti di questo pianeta. Gesù è
pienamente parte di questo mondo. Può essere persino scioccante ascoltare come Gesù guarisca
usando la saliva e il fango della terra, ma risponde a verità questo senso del mondo creato quale
parte essenziale della nuova vita che Dio viene a portarci.
Nel mondo, la terra spesso è lavorata dalla gente più povera, che frequentemente non ne raccoglie i
frutti, questa è l’esperienza di molti Dalits in India. Allo stesso tempo, sono proprio le comunità
Dalit che hanno particolare attenzione per la terra, visto che la saggezza pratica del lavorare la terra
accompagna le loro fatiche.
La cura della terra implica alcuni interrogativi su come gli esseri umani debbano vivere nel creato,
in modi che siano pienamente umani per tutti. Il fatto che la terra - sia per chi la lavora che per chi
la possiede - sia così spesso fonte di disuguaglianze economiche e di pratiche lavorative degradanti
è motivo di grande preoccupazione per i cristiani, e di azione congiunta. Il riconoscimento
contrattuale dei rischi di sfruttamento della terra è trattato nelle istruzioni del brano del Levitico
circa l’anno del giubileo: la terra e i suoi frutti non sono date come un’occasione “per trarre
vantaggio dagli altri”, ma, al contrario, il lavoro della terra deve portare beneficio a tutti. Questa
non è solo un’“idea religiosa”, ma è strettamente legata alle reali pratiche economiche e di impresa
riguardanti il modo in cui la terra è amministrata, comprata e venduta.


Preghiera

Dio della vita, ti ringraziamo per la terra, e per coloro che se ne prendono cura e ne traggono frutti.
Fa’ che il tuo Spirito, datore di vita, ci aiuti a riconoscerci parte delle interrelazioni della creazione.
Fa’ che possiamo imparare ad avere a cuore la terra, e ad ascoltare il gemito della creazione. Fa’ che
possiamo veramente camminare insieme sulle orme di Cristo, portando guarigione a tutto ciò che
ferisce questa terra, e assicurando un’equa condivisione di ciò che essa produce. Dio della vita,
guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Le letture di oggi invitano i cristiani ad una maggiore unità di azione nella comune sollecitudine
verso la terra. In quali situazioni mettiamo in pratica lo spirito dell’anno giubilare nella nostra vita
di cristiani insieme?

2. In quali circostanze, nelle nostre comunità cristiane, ci rendiamo complici di situazioni di
degrado e di sfruttamento della terra? In quali contesti possiamo lavorare di più insieme per
imparare e insegnare il rispetto per la creazione di Dio?


22 Gennaio 2013 - QUINTO GIORNO: Camminare come amici di Gesù

Cantico dei cantici 1,5-8 L’amore e l’amato
Ho la pelle scura
eppure sono bella,
ragazze di Gerusalemme,
scura
come le tende dei beduini,
bella
come i tendaggi del palazzo di Salomone.
Non state a guardare se sono scura,
abbronzata dal sole.
I miei fratelli si sono adirati con me;
mi hanno messa a guardia delle vigne,
ma la mia vigna io l'ho trascurata.
Dimmi, amore mio,
dove vai a pascolare il tuo gregge,
a mezzogiorno dove lo fai riposare?
Io non voglio cercarti
tra i greggi dei tuoi amici,
come una vagabonda.
O bellissima tra le donne,
non conosci il posto?
Segui le orme del gregge,
porta le tue caprette al pascolo
vicino alle tende dei pastori.


Salmo 139 (138),1-6 Tu mi scruti e mi conosci
Per il direttore del coro. Salmo di Davide.
Signore, tu mi scruti e mi conosci;
mi siedo o mi alzo e tu lo sai.
Da lontano conosci i miei progetti:
ti accorgi se cammino o se mi fermo,
ti è noto ogni mio passo.
Non ho ancora aperto bocca
e già sai, o Signore, quel che voglio dire.
Mi sei alle spalle, mi stai di fronte;
metti la mano su di me!
È stupenda per me la tua conoscenza,
è al di là di ogni mia comprensione.


3 Giovanni,2-8 Ospitalità agli amici in Cristo
Carissimo, so che stai bene spiritualmente, e mi auguro che anche la tua salute sia buona e tutto ti
vada bene. Sono venuti alcuni nostri fratelli e hanno raccontato che tu ami la verità e vivi nella
verità. Questo mi ha fatto un grandissimo piacere, perché la mia gioia più grande è di sentire che i
miei figli vivono nella verità. Carissimo, tu ti comporti bene quando sei ospitale con i fratelli, anche
con quelli che non conosci. Essi hanno parlato alla nostra comunità della tua affettuosa accoglienza.
Faresti bene ad aiutarli a proseguire la loro missione in modo degno di Dio. Infatti sono partiti al
servizio del Signore, senza accettare niente dai pagani. Pertanto, abbiamo l’obbligo di sostenerli,
così saremo anche noi collaboratori della verità.


Giovanni: 15,12-17 Vi chiamo amici
Gesù disse: “Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate quel
che io vi comando. Io non vi chiamo più schiavi, perché lo schiavo non sa che cosa fa il suo
padrone. Vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto sapere tutto quel che ho udito dal Padre mio. Non
siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho destinati a portare molto frutto, un frutto
duraturo. Allora il Padre vi darà tutto quel che chiederete nel nome mio. Questo io vi comando:
amatevi gli uni gli altri”.


Commento

Camminare in umiltà con Dio non significa camminare da soli. Significa camminare con coloro che
sono segni viventi della presenza di Dio fra noi, i nostri amici. “Vi ho chiamati amici” dice Gesù nel
vangelo di Giovanni. Nella libertà dell’amore, possiamo scegliere i nostri amici, ed essere scelti
come tali: “Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi” dice Gesù ad ognuno di noi.
L’amicizia di Gesù con ciascuno di noi trasfigura e trascende le nostre relazioni familiari e sociali.
Essa parla dell’amore profondo e costante di Dio per noi.
Il poema d’amore della Bibbia, il Cantico dei cantici, è stato interpretato in vari modi, quali l’amore
di Dio per Israele, o l’amore di Cristo per la Chiesa. Esso rimane la testimonianza della passione fra
gli amanti che trascende le barriere imposte dalla società. Mentre l’innamorata dice al suo amore
“Ho la pelle scura eppure sono bella”, le sue parole suonano come una richiesta: “non state a
guardare se sono scura”. Ma l’innamorato guarda e sceglie l’amore, come fa Dio in Cristo. I Dalits
sanno che quando Dio posa su di loro il suo sguardo è con questo stesso amore appassionato. “Vi ho
chiamati amici” è una forma di liberazione dalla disumanità e dall’ingiustizia loro inflitte dal
sistema delle caste. Per un Dalit in India, oggi, diventare amico di Gesù è una risposta che esige un
caro prezzo.
Che cosa esige Dio da coloro che chiama a camminare con lui e ad essere suoi amici? In India è un
appello alle chiese ad abbracciare i Dalits come amici uguali del loro comune amico. Questo invito
ad essere amici con gli amici di Gesù è un altro modo di comprendere l’unità dei cristiani per la
quale preghiamo. I cristiani in tutto il mondo sono chiamati ad essere amici con tutti coloro che
combattono contro la discriminazione e l’ingiustizia. Il cammino verso l’unità dei cristiani richiede
che camminiamo umilmente con Dio con - e come - amici di Gesù.


Preghiera

O Gesù, dal primo momento della nostra esistenza Tu ci hai offerto la tua amicizia. Il tuo amore
abbraccia tutti i popoli, soprattutto quanti sono esclusi o ripudiati a motivo delle costrizioni umane
di casta, razza o colore. Pieni di fiducia e certi della nostra dignità in te, fa’ che possiamo
camminare in solidarietà gli uni con gli altri, ed abbracciarci vicendevolmente nello Spirito, come
figli di Dio Padre. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Chi sono quelli che, nella tua comunità, Cristo ha chiamato all’amicizia con te?

2. Che cosa impedisce agli amici di Gesù di essere amici gli uni degli altri?

3. In quale modo il fatto di essere amici dello stesso Gesù è una sfida per le chiese divise?


23 Gennaio 2013 - SESTO GIORNO: Camminare oltre le barriere

Rut 4,13-18 I discendenti di Rut e Booz
Così Booz sposò Rut e si unì a lei. Il Signore le concesse di rimanere incinta e lei partorì un figlio.
Le donne dissero a Noemi: «Sia benedetto il Signore! Egli ti ha dato oggi un nipote che si prenderà
cura di te. Il suo nome diventi famoso in Israele, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e con te
è buona più di sette figli. Egli ti sarà di consolazione e sostegno nella tua vecchiaia». Noemi prese il
bambino, se lo strinse al seno e lo allevò come se fosse figlio suo. Le donne del vicinato
chiamavano il bambino Obed. E dicevano a tutti: «A Noemi è nato un figlio!». Obed fu il padre di
Iesse, che fu padre di Davide.


Salmo 113 (112),1-9 Dio, aiuto dei bisognosi
Alleluia, gloria al Signore!
Lodate il Signore, voi che lo servite;
lodate il nome del Signore!
Ringraziate il Signore, ora e sempre.
Dall’oriente all'occidente
tutti diano lode al Signore.
Egli è al di sopra di tutte le nazioni,
la sua gloria è più alta del cielo.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
in cielo e sulla terra?
In alto ha il suo trono
ma si china a guardare quaggiù.
Rialza il povero dalla polvere,
solleva l’infelice dall’immondizia;
lo fa stare al primo posto
assieme ai nobili del suo popolo.
Onora la sterile nella sua casa,
la rende madre felice di figli.
Alleluia, gloria al Signore!


Efesini 2,13-16 Cristo ha demolito quel muro che li separava
Ora invece, uniti a Cristo Gesù per mezzo della sua morte, voi, che eravate lontani, siete diventati
vicini. Infatti Cristo è la nostra pace: egli ha fatto diventare un unico popolo i pagani e gli Ebrei;
egli ha demolito quel muro che li separava e li rendeva nemici. Infatti, sacrificando se stesso, ha
abolito la Legge giudaica con tutti i regolamenti e le proibizioni. Così, ha creato un popolo nuovo, e
ha portato la pace fra loro; per mezzo della sua morte in croce li ha uniti in un solo corpo, e li ha
messi in pace con Dio. Sulla croce, sacrificando se stesso, egli ha distrutto ciò che li separava.


Matteo 15,21-28 Gesù e la donna cananea
Poi Gesù andò via di là e si ritirò dalle parti di Tiro e di Sidone. Una donna pagana che veniva da
quella regione si presentò a Gesù gridando:
– Signore, Figlio di Davide, abbi pietà di me! Mia figlia sta molto male, uno spirito maligno la
tormenta.
Ma Gesù non rispondeva nulla. Si avvicinarono allora i suoi discepoli e gli dissero:
– Mandala a casa, perché continua a venirci dietro e a gridare.
Gesù disse:
– Io sono stato mandato soltanto per le pecore sperdute del popolo d’Israele.
Ma quella donna si metteva in ginocchio davanti a lui e diceva:
– Signore, aiutami!
Allora Gesù rispose:
– Non è giusto prendere il pane dei figli e buttarlo ai cagnolini.
E la donna disse:
– È vero, Signore. Però, sotto la tavola, i cagnolini possono mangiare le briciole che cadono ai loro
padroni.
Allora Gesù le disse:
– O donna, davvero la tua fede è grande! Accada come tu vuoi.
E in quel momento sua figlia guarì.


Commento

Camminare in umiltà con Dio significa camminare oltre le barriere che dividono e danneggiano i
figli di Dio. I cristiani in India sono consapevoli delle divisioni tra loro. Il modo in cui sono trattati i
Dalits all’interno delle loro chiese infrange la visione biblica dell’unità per cui preghiamo.
L’apostolo Paolo visse nelle devastanti divisioni delle prime comunità cristiane fra i cristiani giudei
e i cristiani provenienti da vari gruppi etnici. In merito a questa barriera, e ad ogni altra successiva,
Paolo afferma che Cristo: “[...] è la nostra pace: egli ha fatto diventare un unico popolo i pagani e
gli Ebrei; egli ha demolito quel muro che li separava”. Altrove egli scrive: “Con il battesimo infatti
siete stati uniti a Cristo, e siete stati rivestiti di lui come di un abito nuovo. Non ha più alcuna
importanza l’essere Ebreo o pagano, schiavo o libero, uomo o donna, perché uniti a Gesù Cristo
tutti voi siete diventati un sol uomo” (Gal 3,27-28). In Cristo tutte le profonde barriere del mondo
antico - e di quello moderno - sono state rimosse perché sulla croce Gesù ha creato in se stesso una
nuova umanità.
In un mondo in cui le barriere religiose sono spesso difficili da superare, i cristiani che sono una
piccola minoranza nel contesto multi-religioso dell’India ci ricordano l’importanza del dialogo
interreligioso e della cooperazione. Il vangelo di Matteo ci narra il difficile cammino di Gesù - e dei
suoi discepoli - per superare le barriere della religione, della cultura e di genere, quando Egli viene
interpellato da una donna cananea che lo implora di guarire la figlia. L’istinto dei discepoli di
mandarla via e la stessa esitazione da parte di Gesù sono superate dalla fede della donna, dalla sua
necessità. Da allora Gesù e i suoi discepoli furono in grado di superare le barriere e i limiti imposti
dal mondo antico. Ciò è già presente nella Bibbia ebraica. Il Libro di Rut, la donna moabita di
diversa lingua e cultura, si conclude con un elenco della sua discendenza con l’israelita Booz. Il loro
figlio Obed fu padre di Iesse, padre di Davide. La genealogia dell’eroe-re dell’antico Israele riflette
il fatto che la volontà di Dio può essere esaudita quando i popoli superano le barriere della religione
e della cultura. Il cammino con Dio oggi esige che noi superiamo le barriere che separano i cristiani
gli uni dagli altri e dai popoli di altra fede. Il cammino verso l’unità dei cristiani esige che
camminiamo umilmente con Dio oltre le barriere che ci separano..


Preghiera

O Padre, perdonaci per le barriere di avidità, pregiudizi e disprezzo che continuamente innalziamo,
e che ci separano all’interno e fra le chiese, da persone di altre fedi e da coloro che consideriamo
meno importanti di noi. Fa’ che il tuo Spirito ci doni il coraggio di oltrepassare queste barriere e di
demolire le mura che ci dividono gli uni dagli altri. Fa’ che possiamo poi, con Cristo, avanzare
verso una terra sconosciuta per portare il suo messaggio di accoglienza amorevole e di unità a tutto
il mondo. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Quali sono le barriere che separano i cristiani nella tua comunità?

2. Quali sono le barriere che separano i cristiani dalle altre tradizioni religiose nella tua comunità?

3. Quali sono le differenze e le somiglianze tra il camminare oltre le barriere che separano i cristiani
gli uni dagli altri, e il camminare oltre barriere che separano il cristianesimo dalle altre religioni?


24 Gennaio 2013 - SETTIMO GIORNO: Camminare nella solidarietà

Numeri 27,1-11 Figlie con diritto di eredità
Macla, Noa, Cogla, Milca e Tirsa erano figlie di Selofcad, un uomo della tribù di Manasse, figlio di
Chefer e discendente da Giuseppe attraverso Manasse, Machir e Galaad. Le cinque donne vennero a
presentarsi a Mosè e al sacerdote Eleazaro alla presenza dei capi e di tutta la comunità, all'ingresso
della tenda dell’incontro. Esse dichiararono: «Nostro padre è morto nel deserto, anche se non fece
parte della banda degli uomini di Core, quando si ribellarono contro il Signore. Nostro padre è
morto a causa delle proprie colpe. Ebbene, egli non aveva nessun figlio maschio. Ora vi sembra
giusto che il nome di nostro padre sia cancellato dalla parentela, soltanto perché egli non ha avuto
figli maschi? Siano date a noi alcune terre come nostra parte di eredità, in mezzo a quelle dei fratelli
di nostro padre!». Mosè presentò la loro richiesta al Signore. Il Signore rispose: «Le figlie di
Selofcad hanno ragione. Da’ loro una parte di eredità in mezzo ai fratelli del loro padre; così, la
parte che spettava al padre passerà a esse. Poi dirai agli Israeliti: se un uomo muore senza lasciare
figli maschi, trasmetterete le proprietà e i beni alle sue figlie. Se non ha nemmeno figlie,
trasmetterete i beni ai suoi fratelli. E se non ha fratelli, trasmetterete i beni ai suoi zii paterni. E se il
padre del defunto non aveva fratelli, trasmetterete i beni al parente più prossimo: sarà egli l’erede.
Gli Israeliti osserveranno le norme ora stabilite secondo l’ordine che io, il Signore, vi trasmetto».


Salmo 15 (14),1-5 Chi è degno, Signore, di stare nella tua casa?
Salmo di Davide.
Chi è degno, Signore,
di stare nella tua Δtenda,
di abitare sulla tua Δsanta montagna?
Chi si comporta onestamente,
pratica la giustizia,
parla con sincerità.
Non usa la lingua per calunniare,
non fa torto al suo prossimo,
non parla male del proprio vicino.
Disprezza chi è riprovevole,
ma stima chi teme il Signore
mantiene la parola data
anche a proprio danno.
Non presta denaro a usura,
non accetta doni contro l'innocente.
Chi agisce in questo modo
vive sicuro, per sempre.


Atti 2,43-47 I discepoli mettevano in comune tutto
Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli apostoli: per questo ognuno era preso da
timore. Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano.
Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di
ciascuno. Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il Tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e
mangiavano con gioia e semplicità di cuore. Lodavano Dio ed erano benvisti da tutta la gente. Di
giorno in giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che egli salvava.


Luca 10,25-37 Il buon samaritano
Un maestro della Legge voleva tendere un tranello a Gesù. Si alzò e disse:
– Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?
Gesù gli disse:
– Che cosa c’è scritto nella •*legge di Mosè? Che cosa vi leggi?
Quell’uomo rispose:
– C’è scritto: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue
forze e con tutta la tua mente, e ama il prossimo tuo come te stesso.
Gesù gli disse:
– Hai risposto bene! Fa’ questo e vivrai!
Ma quel maestro della Legge per giustificare la sua domanda chiese ancora a Gesù:
– Ma chi è il mio prossimo?
Gesù rispose: “Un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gèrico, quando incontrò i briganti. Gli
portarono via tutto, lo presero a bastonate e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso
passò di là un sacerdote; vide l’uomo ferito, passò dall’altra parte della strada e proseguì. Anche un
levita del Tempio passò per quella strada; lo vide, lo scansò e proseguì. Invece un uomo della
Samaria, che era in viaggio, gli passò accanto, lo vide e ne ebbe compassione. Gli andò vicino,
versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino e lo portò a una locanda e
fece tutto il possibile per aiutarlo. Il giorno dopo tirò fuori due monete d’argento, le diede al
padrone dell’albergo e gli disse: “Abbi cura di lui e se spenderai di più pagherò io quando ritorno””.
A questo punto Gesù domandò:
– Secondo te, chi di questi tre si è comportato come prossimo per quell’uomo che aveva incontrato i
briganti?
Il maestro della Legge rispose:
– Quello che ha avuto compassione di lui.
Gesù allora gli disse:
– Va’ e comportati allo stesso modo.


Commento

in umiltà con Dio significa camminare in solidarietà con tutti coloro che combattono
per la pace e la giustizia. Ciò pone una domanda per quanti pregano per l’unità dei cristiani questa
Settimana: “qual è l’unità che cerchiamo?”. La Commissione Fede e Costituzione, che include
membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese e della Chiesa Cattolica, intende l’unità come “unità
visibile in un’unica fede e in una celebrazione eucaristica comune”. Il Movimento ecumenico si
prodiga per superare le barriere antiche e nuove che dividono i cristiani, ma può farlo grazie ad un
concetto di unità visibile che lega la natura e la missione della Chiesa nel servizio all’unità del
genere umano e al superamento di tutto ciò che nuoce alla dignità degli esseri umani e ci mantiene
lontani. Come si è espressa Fede e Costituzione: “La Chiesa è chiamata e investita del compito di
condividere le sofferenze di tutti attraverso l’impegno per la difesa e l’attenzione verso il povero, il
bisognoso e l’emarginato. Questo comporta l’analisi critica e la denuncia delle strutture ingiuste e
operare per la loro trasformazione. [...] Questa testimonianza fedele può anche coinvolgere gli stessi
cristiani nella sofferenza per amore del Vangelo. La Chiesa è chiamata così a sanare e a riconciliare
le relazioni umane infrante e a essere lo strumento di Dio per la riconciliazione delle divisioni e
delle ostilità fra gli uomini” (La Natura e la Missione della Chiesa, n.40).
Ci sono molti esempi di questi atti di guarigione e riconciliazione nelle chiese indiane. I cristiani
Dalit ci ricordano altri tipi di ingiustizie e altri modi in cui possono essere superate. Fino a poco
tempo fa le leggi cristiane indiane sull’eredità diseredavano le figlie femmine. Le chiese hanno
sostenuto la richiesta per un’abrogazione di questa legge arcaica. La storia dell’eredità di Selofcad
in cui Mosè si rivolge a Dio per ottenere giustizia in favore delle figlie, è stata d’ispirazione per
ottenere giustizia per le donne. Perciò i cristiani Dalit, nella loro battaglia per la giustizia, sono stati
spinti da questa testimonianza biblica. Essi si sono impegnati con Dalits di altre fedi e con circuiti
secolari e movimenti sociali in India e in tutto il mondo, nella loro resistenza contro l’ingiustizia. I
Dalits sono stati ispirati, nella loro lotta contro l’ingiustizia, dall’esempio di altri movimenti di
riforma sociale.
La parabola del buon samaritano è un’immagine biblica della Chiesa unita nella solidarietà con gli
oppressi. Come i Dalits, il buon samaritano viene da una comunità disprezzata e ai margini, ma è lui
che, nella storia, si prende cura dell’uomo abbandonato sulla strada e che proclama con la sua
azione solidale, la speranza e la consolazione del vangelo. Il cammino verso l’unità dei cristiani è
inseparabile dal camminare umilmente con Dio nella solidarietà con tutti coloro, e ciascuno di
coloro, che hanno bisogno di giustizia e di benevolenza.


Preghiera

O Dio Trino, nella tua vita ci offri un modello unico di interdipendenza, di relazione amorevole e di
solidarietà. Rendici uno affinché possiamo vivere la nostra vita in questo modo. Insegnaci a
condividere la speranza che troviamo nelle persone che lottano per la vita, in ogni parte del mondo.
Fa’ che la loro perseveranza possa essere per noi ispirazione a superare le nostre divisioni, per
vivere in santo accordo gli uni con gli altri e per camminare insieme nella solidarietà. Dio della vita,
guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Chi, nella tua comunità, ha bisogno della solidarietà della comunità cristiana?

2. Quali chiese sono, o sono state, in solidarietà con te?

3. In quale modo, nel tuo contesto, una maggiore unità fra i cristiani potrebbe accrescere la
solidarietà della Chiesa verso coloro che sono bisognosi di giustizia e di bontà?


25 Gennaio 2013 - OTTAVO GIORNO: Camminare insieme nella celebrazione

Abacuc 3,17-19 Celebrare in un momento di difficoltà
Il fico non germoglia più,
le vigne non danno più uva,
gli ulivi non producono niente.
I campi non forniscono raccolto,
le greggi scompaiono dai recinti,
i buoi dalle stalle.
Ma io trovo la mia gioia nel Signore,
sono felice perché Dio è il mio salvatore.
Dio, il Signore, è la mia forza,
egli rende i miei piedi agili
come quelli delle cerve,
mi fa camminare sulle vette dei monti.


Salmo 100 (99),1-5 Il culto al Signore in tutta la terra
Salmo per il sacrificio di lode.
Acclamate al Signore, genti tutte della terra.
Servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con lieti canti.
Riconoscete che il Signore è Dio.
Egli ci ha fatti, a lui apparteniamo
siamo il suo popolo, il gregge che egli guida.
Entrate nel suo tempio con canti,
nei suoi cortili con inni di lode:
celebrate e lodate il Signore.
Il Signore è buono,
eterno è il suo amore per noi,
egli rimane fedele per sempre.


Filippesi 4,4-9 Siate sempre lieti nel Signore
Siate sempre lieti perché appartenete al Signore. Lo ripeto, siate sempre lieti. Tutti gli uomini
vedano la vostra bontà. Il Signore è vicino! Non angustiatevi di nulla, ma rivolgetevi a Dio,
chiedetegli con insistenza ciò di cui avete bisogno e ringraziatelo. È la pace di Dio, che è più grande
di quanto si possa immaginare, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. Infine,
fratelli, prendete in considerazione tutto quel che è vero, buono, giusto, puro, degno di essere amato
e onorato; quel che viene dalla virtù ed è degno di lode. Mettete in pratica quel che avete imparato,
ricevuto, udito e visto in me. E Dio, che dà la pace, sarà con voi.


Luca 1,46-55 Il cantico di Maria
Allora Maria disse:
“Grande è il Signore: lo voglio lodare.
Dio è mio salvatore:
sono piena di gioia.
Ha guardato a me, alla sua povera serva:
tutti, d’ora in poi, mi diranno beata.
Dio è potente:
ha fatto in me grandi cose,
santo è il suo nome.
La sua misericordia resta per sempre
con tutti quelli che lo servono.
Ha dato prova della sua potenza,
ha distrutto i superbi e i loro progetti.
Ha rovesciato dal trono i potenti,
ha rialzato da terra gli oppressi.
Ha colmato i poveri di beni,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Fedele nella sua misericordia,
ha risollevato il suo popolo, Israele.
Così aveva promesso ai nostri padri:
a favore di Abramo e dei suoi discendenti per sempre”.


Commento

Camminare in umiltà con Dio significa camminare nella celebrazione. Chi visita l’India viene
colpito dalla durezza e dalle lotte sopportate dai Dalits, e allo, stesso tempo, dal loro senso di
speranza e di celebrazione. Vi era una borgata presso la stazione vicino Bangalore che era abitata da
numerosi Dalits e da altre “classi umili” che erano lavoratori emigranti da Tamilnadu venuti per
costruire la ferrovia al tempo dell’indipendenza indiana. Dopo che fu minacciata di evacuazione
dalla compagnia ferroviaria nei primi degli anni ’80, la comunità - mediante la sua leadership
femminile - si organizzò in modo tale da essere in grado di trovare una nuova terra e costruire
nuove fisse dimore per quasi mille persone. La comunità Dalit e gli altri si sono trasferiti nelle loro
nuove case nel 2011, case pagate da loro stessi. Questo non è che uno degli esempi di lotta contro
l’ingiustizia, portata avanti con grande speranza, che merita di essere celebrata.
Speranza e celebrazione ricorrono insieme nelle letture bibliche di oggi. Il profeta Abacuc loda il
Signore in un momento di siccità e di fallimento del raccolto. Questa testimonianza che Dio
camminerà con il suo popolo in difficoltà è una celebrazione di speranza. La beata vergine Maria si
reca dalla cugina Elisabetta per rallegrarsi della sua gravidanza. Ella canta il Magnificat come canto
di speranza ancor prima della nascita di suo figlio. Dalla prigione Paolo esorta la comunità cristiana
di Filippi alla gioia: “Siate sempre lieti”. Nella Bibbia ogni celebrazione è legata alla speranza nella
fedeltà di Dio.
Gli aspetti celebrativi della cultura Dalit offrono un’analoga testimonianza di fede e di speranza,
forgiata dalla prova del fuoco dell’esperienza Dalit di lotta per la dignità e di resistente
sopravvivenza. Mentre preghiamo per l’unità dei cristiani, volgiamo i nostri occhi alla celebrazione
di vita che vediamo in India, soprattutto alla fedeltà dei Dalits alla loro identità cristiana, pur nella
loro lotta per la sopravvivenza. Anche la nostra celebrazione dell’unità fra i cristiani che deve essere
ancora raggiunta avviene nella speranza e nella lotta. Essa è radicata nella speranza che la preghiera
di Gesù che noi siamo una cosa sola sarà esaudita nei tempi del Signore e con i suoi mezzi. Si
radica nella gratitudine perché l’unità è un dono di Dio, e nel riconoscimento dell’unità che già
sperimentiamo quali amici di Gesù, espressa nell’unico Battesimo. Si fonda sulla convinzione che
Dio chiama ciascuno di noi a lavorare per l’unità, e che ogni nostro sforzo verrà valorizzato da Dio
confidando, come l’apostolo Paolo: “Rivolgetevi a Dio, chiedetegli con insistenza ciò di cui avete
bisogno e ringraziatelo”. Camminare verso l’unità dei cristiani esige che camminiamo umilmente
con Dio nella celebrazione, nella preghiera e nella speranza.


Preghiera

O Dio ricco di grazia, fa’ che il tuo Spirito infonda nelle nostre comunità la gioia e la celebrazione,
affinché possiamo rallegrarci per l’unità che già condividiamo, e affinché con zelo continuiamo laricerca dell’unità visibile. Gioiamo per la fede e per la speranza di quei popoli che non permettono
che la dignità sia violata, vedendo in loro la tua meravigliosa grazia e la tua promessa di libertà.
Insegnaci a condividere la loro gioia e ad imparare dalla loro fedele perseveranza. Ravviva in noi la
speranza e sostieni il nostro proposito che nel nome di Cristo possiamo camminare insieme
nell’amore, elevando un’unanime voce di lode e intonando insieme un canto di preghiera e
adorazione. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale

1. Quali sono le lotte per la giustizia nella tua comunità? Quali i motivi di celebrazione in questo
cammino?

2. Quali sono le lotte per l’unità dei cristiani nella tua comunità? Quali i motivi di celebrazione in
questo cammino?



Edited by onegirl - 13/1/2013, 17:10
 
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