Gesù Luce del mondo

La gloria dei Santi

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view post Posted on 1/11/2010, 10:44

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Solennità di Tutti i Santi 1° Novembre

Accoglici nella gloria tua gloria nell’assemblea dei Santi

Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo,
ogni domenica dopo l’Ufficio delle letture si canta l’inno del Te Deum. Un versetto dice: “Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei Santi”. L’odierna Solennità è sentita dalla nostra cara gente, perché, oltre a fare memoria dei Santi iscritti nel Calendario Romano, oggi, in particolare ricordiamo tutte le persone care, in specie quelle che hanno servito Cristo e la Chiesa non riconosciuti ancora, dall’autorità della Chiesa Cattolica. Ogni tempo, ogni epoca “sforna” i suoi meravigliosi Santi. Oggi, è lecito pensare e pregare per tutti quelli che a nostro avviso, sono state persone di esempio e che dal cielo chiediamo l’intercessione per una retta risposta di vita per essere testimoni di Gesù Cristo. In questa unica festa, la Chiesa ci offre la possibilità di celebrare i meriti e la gloria di tutti i Santi. Nei giorni a noi vicini come non possiamo volgere il ringraziamento a Dio di averci dato l’esempio dell’indimenticabile Servo di Dio, Papa Giovanni Paolo II, e ognuno di noi aggiunga nella lista tutte le persone sparse nel mondo del cristianesimo che per amore di Gesù hanno dato anche la stessa vita in modo eroico. A tutti, s’innalzi la preghiera dell’ultimo libro della Sacra Scrittura, da libro dell’Apocalisse: “Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen” (Ap 7,2-4.9-14). Questa prece, si apre e si conclude con la medesima parola: Amen! La vita dei Santi è stata animata dalla potenza misteriosa del dono dello Spirito Santo, e grazie a questo immenso dono, i Santi hanno con coraggio espresso la fede viva e operosa in ossequio alla volontà di Dio dicendo: Amen! Credo! Amo solo Te, o Signore! Siamo grati di tutto ciò a Gesù Cristo, in quanto se siamo figli di Dio, è certo che noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è (1Gv 3,1-3). La forza di chi accetta con fede il Signore, nell’oggi della vita, egli vive fortemente la speranza per essere sempre più, per mezzo della misericordia di Dio, a Lui gradito. Pensare questo con un orizzonte più ampio della nostra prigionia del vivere del solo io, soffoca la sfera della conoscenza stretta dell’umano, invincibile dal male dell’egoismo che uccide ogni crescita di stato alla vita interiore, il povero “io” è condannato dalla continua richiesta soffocante di competitività del mondo, e che una volta chiuso il sipario del povero “io”, la sua vita terrena ben presto viene dimenticata dagli umani, perché non ha amato Dio. L’uomo religioso, di fede sa invece come attingere le grazie necessarie per una vita spirituale. Il suo riferimento primario è la meravigliosa carta magna della santità, sa conservarla nel cuore ed è quella descrittaci dall’evangelista Matteo (5,1-12), le Beatitudini. Chi si accosta alle lettura di questi versetti, se non ha dimestichezza con Cristo, per lui, questo scritto è pura utopia, cieca, senza uno sguardo al futuro, testo incomprensibile e pertanto da disattendere. A questi ragionatori, a quanti vivono in modo lontano dai desideri dello Spirito, non sanno che uccidono se stessi nell’aver scelto i piaceri della carne. Ma per gli uomini e le donne spirituali, per tutte le schiere degli Angeli e dei Santi, e per noi vivi, il testo delle beatitudini è la vera consegna che Cristo ci dà per vivere rettamente questa nostra condizione nella prospettiva futura della beata eternità. Beati i poveri, gli afflitti, i miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia… senza fede, tutto è follia. Paolo, se ben ricordate ci parla che la Croce è follia, per chi non crede, ma per noi che crediamo è potenza e sapienza di Dio. Così le beatitudini sono la sapienza di Dio inscritta nel nostro cuore per la quale noi dobbiamo far uscire e testimoniare con coraggio al mondo la propria fede in modo umile. Saper consolare, dare sazietà agli affamati, essere portatori della pace di Cristo, per essere chiamati figli di Dio. Non aver paura quando il male inzuppa di maldicenza il nostro misero corpo, il Signore ci dice di rallegrarci e di esultare perché grande è la ricompensa nei cieli. L’assurdo umano, diventa la vera ragione di Dio. I Santi si sono affidati perché sicuri di un risultato finale: dove c’è Dio, lì c’è il vero amore. Proclamiamo, a noi stessi la venuta del regno vivendo le beatitudini di Cristo e certi che non sbaglieremo. Attingiamo dal ricco esempio della Madre di tutti i Santi, la sempre e Beata Vergine Maria, domandiamo pure l’intercessione a tutti i Santi e nostri Patroni delle chiese locali perché sul loro esempio la nostra vita si un testimoniare e vivere il vangelo della carità in questa liturgia terrena verso quella celeste. Sì, verso quella patria comune a noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa. Amen! DGS

GRAZIE A PADRE GIOVANNI SALVIA

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1 novembre



La Chiesa è indefettibilmente santa: Cristo l’ha amata come sua sposa e ha dato se stesso per lei, al fine di santificarla; perciò tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità. La Chiesa predica il mistero pasquale nei santi che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati, propone ai fedeli i loro esempi che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo e implora per i loro meriti i benefici di Dio. Oggi in un’unica festa si celebrano, insieme ai santi canonizzati, tutti i giusti di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel libro della vita. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi anche a Roma, fin dal sec. IX. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.

La festa della Chiesa trionfante.

Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d'ogni nazione, d'ogni tribù, d'ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio (Ap 7,9-10). Il tempo è cessato e l'umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Gb 7,1) un giorno terminerà e l'umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell'Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Ap 7,11-14).
E sarà la fine, come dice l'Apostolo (1Cor 15,24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l'eterno nemico, respinto nell'abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell'uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l'impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ivi 24-28).
Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is 6,1-3).
Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr 1,3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l'ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (1Cor 11,7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Ap 19,8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell'eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Ap 19,7).

Confidenza.

Beati gli invitati alle nozze dell'Agnello! (ivi, 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all'ineffabile destino che ci riserba l'amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt 5,5).
Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l'orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Ap 19,5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all'esodo verso la patria che non avrà fine.
Cantiamo anche noi con il salmista: "Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell'amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L'ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l'abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio" (Sal 121).

Storia della festa.

Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la "memoria dei martiri di tutta la terra".
In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L'anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio "al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero".
Nell'anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell'imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata il 1° novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa. Ora, sia la vigilia sia l'Ottava sono soppresse.

Messa

"Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi", dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno" (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittorp. Ordo Romanus). Per quanto generale fosse la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l'onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.
Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l'occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell'anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.
[...]

I due censimenti.

L'Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc 2,1). Era opportuno che all'inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.
"Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?" (Lezione vii dell'Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall'universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal 68,29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.
Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell'umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all'offerta di un amore infinito.
Prestiamo le anime nostre all'impronta che le deve "conformare all'immagine del Figlio unico" (Rm 8,29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all'impronta sacra non eviterà l'impronta della bestia (Ap 13,16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all'attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.

[...]

Le Beatitudini.

La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L'Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell'Alleluia era con queste parole l'eco della patria e tuttavia ci ricordava l'esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tt 2,11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ivi 2,12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.
Sul Sinai, Dio teneva l'Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest'altra montagna, sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell'amore! Le otto Beatitudini all'inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell'Antico dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell'uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es 25,40; Ebr 8,5 ).
La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d'estasi.
La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell'eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.
Le Beatitudini evangeliche sollevano l'uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda.

"In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché 'il Signore onnipotente la illuminerà e l'Agnello ne è la fiaccola' (Ap 21,23). 'I Santi brilleranno come stelle nell'eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento' (Dn 12,3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che 'occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell'uomo nulla mai comprese' (1Cor 2,9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e 'i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita' (Fil 4,3) che 'hanno lavato il loro vestito nel sangue dell'Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno' (Ap 7,14). 'Là non c'è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell'uomo perfetto, nella misura dell'età del Cristo' (Ef 4,13).
Ma quello che tutto sorpassa è l'essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l'universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori" (18 Discorso sui Santi).

Incoraggiamento alla pratica delle virtù.

La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l'abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro sì, perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.
"La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l'impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l'ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.
Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché 'chi fa la volontà di Dio vive eternamente' (Gv 2,17) come vive eternamente Dio stesso.
Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l'innocenza nella semplicità, l'unione nella carità, la modestia nell'umiltà, l'esattezza nell'impiego, la diligenza nell'assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l'esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto" (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.

Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.
"Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l'abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l'elogio.
A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.
Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po' vederli, e, ciò facendo, abbiamo già 'una parte di noi stessi nella terra dei viventi' (Sal 141,6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che 'la nostra vita è nei cieli' (Fil 3,20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero".

Desiderare l'aiuto dei Santi.

"Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l'aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.
Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.
Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: 'visitando la tua specie non peccherai' (Gb 5,24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l'umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne".

Confidenza nella loro intercessione.

"Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell'ultima festa, nella quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l'uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia" (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.

Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l'imitazione delle loro virtù.
"Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno".

I modelli.

"Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.
Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l'innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose".

Necessità del combattimento.

"Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l'essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato" (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.

Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell'eternità.
Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell'unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l'interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l'ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.
Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L'inizio della vita eterna.

"Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio della vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell'inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.
L'eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti".

Dio è tutto in tutti.

"Dio tutto in tutti: l'espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso... Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l'importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l'ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l'oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.
Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l'unione a Cristo. Nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cristo. Questa è l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)".

Autore: Dom Prosper Guéranger

Fonte:
L'anno liturgico



Edited by onegirl - 31/10/2012, 20:15
 
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view post Posted on 1/11/2010, 14:05

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Santi
sono coloro che sono arrivati alla meta.
Essi sono in Dio e ci attendono.
Ci danno una mano affinchè possiamo raggiungere
anche noi la gloria.
La " comunione dei Santi ",
che professiamo nel Credo,
significa lo scambio che intercorre, tra chi è arrivato,
chi è ancora in cammino e chi ha bisogno di purificarsi.
Subordinati a Cristo unico mediatore,
anche i Santi sono cooperatori
e destinatari della nostra preghiera.
Ci insegnano a pregare con l'esempio e gli scritti;
lodano e supplicano Dio insieme con noi.
Al di là della nostra consapevolezza,
noi non preghiamo mai come individui isolati,
ma inseriti nella comunione universale in Cristo.
Siamo dunque accompagnati dai Santi.
Possiamo anche dialogare con loro,
lodarli e supplicarli, perchè sono persone.
Ricorrendo alla loro intercessione,
riconosciamo umilmente
che siamo indegni di presentarci davanti a Dio
e abbiamo bisogno della solidarietà dei fratelli.




PREGHIERA AL SANTO DEL PROPRIO NOME
O glorioso/a S.(nome), a cui per somiglianza del nome,
Iddio ha in modo speciale affidato la cura della mia salvezza,
quando nel santo Battesimo mi ha adottato per uno dei suoi figliuoli,
ottienimi con la tua potente intercessione che io viva una vita
conforme allo spirito di quella legge santa ed immacolata
di cui fosti così zelante osservatore.
Aiutami caritatevole protettore dell'anima mia,
a ricuperare tutto quello che ho perduto col peccato,
a combattere i miei spirituali nemici che sempre tentano di sedurmi.
Fa, con le tue preghiere presso Dio, che egli mi conceda la grazia
di imitare fedelmente le tue luminose virtù.
Difendimi perciò da ogni pericolo nel corso della mia vita,
e non mi abbandonare nell'ora della mia morte,
affinchè dopo averti rassomigliato nel nome su questa terra,
sia introdotto nel cielo a partecipare alla tua gloria per tutta l'eternità.
Gloria

 
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