Gesù Luce del mondo

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) 28 Ottobre 2012

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view post Posted on 27/10/2012, 13:46

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Domenica
Ss. Simone e Giuda, apostoli
XXX tempo ordinario - (B) - II

PREGHIERA DEL MATTINO
Signore Gesù, non smettere di passare sulla nostra strada. Contemplaci, noi che siamo immersi nelle tenebre e nelle ombre della morte, e abbi pietà della nostra cecità e povertà. Come il cieco di Gerico, ti diciamo: Figlio di Davide, abbi pietà di noi! Sii un padre per noi, illumina i nostri occhi con la luce della fede e fortifica il nostro coraggio affinché ti seguiamo sino alla fine del cammino.

ANTIFONA D'INGRESSO
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto. (Sal 105,3-4)

COLLETTA
O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote giusto e compassionevole verso coloro che gemono nell'oppressione e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera: fa' che tutti gli uomini riconoscano in lui la tenerezza del tuo amore di Padre e si mettano in cammino verso di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 31,7-9)
Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.
Dal libro del profeta Geremia
Così dice il Signore: "Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: "Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d'Israele".
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d'acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 125)
R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.
Allora si diceva tra le genti:
"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.
Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.

SECONDA LETTURA (Eb 5,1-6)
Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchisedek.
Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek.
Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO (2Tm 1,10)
R. Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
R. Alleluia.

VANGELO (Mc 10,46-52)
Rabbunì, che io veda di nuovo!
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Parola del Signore.

OMELIA
L'evangelista Marco ci presenta le azioni e le parole di Gesù durante il suo viaggio a Gerusalemme. Viaggio sicuramente topografico, ma anche e soprattutto simbolico. Questa strada che Gesù percorre con entusiasmo - "Gesù li precedeva" - e dove i discepoli lo seguono con diffidenza o inquietudine - "essi erano spaventati, e coloro che seguivano erano anche timorosi" (Mc 10,32) - qui arriva al termine. Ecco il contesto della lettura sulla quale meditiamo oggi.
Al termine del cammino, oggi incontriamo un cieco. Un cieco, che, in più, è un mendicante. In lui c'è oscurità, tenebre, e assenza. E attorno a lui c'è soltanto il rigetto: "Molti lo sgridavano per farlo tacere". Gesù chiama il cieco, ascolta la sua preghiera, e la esaudisce. Anche oggi, qui, tra coloro che il Signore ha riunito, "ci sono il cieco e lo zoppo" (prima lettura) - quello che noi siamo -; ed è per questo che le azioni di Gesù, che ci vengono raccontate, devono renderci più pieni di speranza.
È nel momento in cui termina il viaggio di Gesù a Gerusalemme (e dove termina il ciclo liturgico), che un mendicante cieco celebra Gesù e lo riconosce come "Figlio di Davide", o Messia; e questo mendicante riacquista la vista e "segue Gesù per la strada". È un simbolo, un invito. Chiediamo al Signore che ci accordi la luce della fede e ci dia vigore, affinché lo seguiamo come il cieco di Gerico, fino a che non avremo raggiunto la Gerusalemme definitiva.

PREGHIERA SULLE OFFERTE
Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest'offerta, espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te e renda gloria al tuo nome. Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA ALLA COMUNIONE
"Signore, fa' che io veda!". "Va' la tua fede ti ha salvato". (Mc 10,51-52)

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore.

MEDITAZIONE
Molte espressioni della Bibbia ruotano intorno allo sguardo e alla vista. Per loro mezzo, Iahvè, nell'Antico Testamento ("Dio guardò la condizione degli Israeliti", Es 2,25), e Gesù nel Nuovo Testamento ("Egli vide una grande folla e sentì compassione per loro...", Mt 14,14; "Allora Gesù, fissatolo, lo amò" (Mc 10,21)), si rivelano a noi come un Dio vicino, attento alle situazioni storiche, che parla agli uomini e vuole poter contare su di loro per condurre a termine la sua missione. Ma non sempre coloro che sono passati vicini a Gesù l'hanno riconosciuto: la chiave del riconoscimento è la fede.
Vivere la propria fede significa prendere un cammino di comunicazione e di esperienza di Dio, dove la nostra fede si adatti progressivamente alla sua, "fino a che Cristo sia formato in voi" (Gal 4,19), e che facciamo nostri i suoi sentimenti, i suoi criteri, i suoi interessi.
Sul cammino della fede proviamo la gioia di colui che riconosce un dono. "La fede della mia anima è una luce molto chiara e forte. Se attenuo nel mio intimo il dono della mia fede, è perché questo dono possiede una luce, un colore, un'intensità che non so descrivere. E la mia fede cresce. I miracoli non mi stupiscono, quello che mi stupisce è che non ce ne siano più, o, meglio, che noi non ci accorgiamo degli innumerevoli miracoli che il Signore realizza intorno a noi". Ecco quello che scriveva Josefa Segovia, una donna del nostro secolo responsabile dell'insegnamento scolastico e formatrice di educatori. Anche noi conduciamo questa questua che ci fa' gridare come il cieco: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me" e: "Signore, che io riabbia la vista!", e, per mezzo della Chiesa, prendiamo coscienza dei fenomeni che minacciano l'esperienza della fede nel nostro mondo.
Dove trovare Dio, quale via prendere per affermare la nostra fede? Vivere la fede quaggiù richiede un procedimento costante di personalizzazione, di progressivo approfondimento di questa esperienza al contatto con la Parola Divina.
Per la Chiesa, che, in quanto comunità di credenti, celebra la fede, la fratellanza vissuta in comunità come i primi cristiani, la fede deve incarnarsi e trasformare il lavoro quotidiano, la vita di famiglia di tutti i giorni, le relazioni umane, le strutture sociali. È inquietandoci nel corso della storia e degli avvenimenti mondiali, impegnandoci al fianco di coloro che vivono personalmente queste situazioni difficili, così diffuse oggi, di emarginazione e di ingiustizia, che noi ci apriremo al mistero del Dio vivo, e ci metteremo alla sua ricerca. E per questa ricerca è necessario che il nostro sguardo sia rivolto all'interno, verso la dimora che è per santa Teresa d'Avila il simbolo della presenza di Dio nel cuore dell'uomo, verso la preghiera, nella solitudine e nel silenzio.
LORETO BALLESTER

Dal Sito: laparola.it



Commento "Un'insistenza della preghiera che viene ripagata" di Mons. Antonio Riboldi

"Che vuoi che io ti faccia?" E' domanda che Gesù pone al cieco, che aveva incontrato, mentre era in viaggio. E la risposta diretta del cieco è una grande lezione su cosa significhi avere fiducia, ossia fede: 'Rabbunì, che io riabbia la vistà.
Tante volte capita anche a noi, nella necessità, di rivolgerci a Dio, ma quasi con arroganza, con la pretesa di essere esauditi, che è ben diversa dalla fede, che è un rimettersi alla bontà di Dio, certi che Lui sa quello che giova a noi ed è il nostro vero bene. Pregare è, credo, innanzitutto affidare a Dio ciò che siamo e desideriamo, poiché è evidente la nostra continua esperienza di quanto poco possiamo e, quindi, la necessità di rivolgerci a Chi invece può tutto, ma senza mai dimenticare come ho già detto e ribadisco - che il Padre sa meglio di noi quale è il nostro vero bene.
Questa è la fiducia che dobbiamo dimostrargli, mettendo tutta la nostra vita nelle sue braccia e lasciando a Lui, con molta fiducia, l'opportunità o meno di esaudire i nostri desideri, poiché noi, nella nostra pochezza, troppo spesso, misuriamo il bene della vita solo guardando alle necessità della terra, ossia alla breve esperienza che facciamo qui, prima della vera vita eterna, che per Dio è il nostro vero fine, la nostra vera realizzazione e salvezza.
Pregare è dialogare con Dio, per imparare a conoscerne i pensieri, il progetto d'amore da Lui pensato per ciascuno di noi. Vi può essere un momento più importante del dialogare con Dio?
Ma sappiamo come è difficile questo atteggiamento già solo tra di noi, spesso le nostre sono solo chiacchiere senza contenuto, un parlare che fa solo rumore, ma quando il parlare diviene dialogo allora davvero si cerca nell'altro e con l'altro il vicendevole bene. Ci vuole però tanta fiducia, immensa fiducia, l'uno con l'altro: è un cammino difficile, come fu quello di Bartimeo, il cieco di cui parla il Vangelo di oggi:
"Mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: 'Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me'. Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: 'Figlio di Davide, abbi pietà di me!'. Allora, Gesù si fermò e disse: 'Chiamatelo'. E chiamarono il cieco dicendogli: 'Coraggio! Alzati, ti chiama'. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: 'Che vuoi che io ti faccia?'. E il cieco a lui: 'Rabbunì, che io riabbia la vistà. E Gesù gli disse: 'Va', la tua fede ti ha salvato'. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per strada". (Mc, 10, 46-52)
E' davvero commovente la fede e la semplicità del cieco Bartimeo. Quando si rivolge a Gesù innanzitutto si appella alla Sua pietà, ed è questa fiducia che tocca il cuore di Gesù e diviene guarigione per Bartimeo. Molto diversa dalla preghiera di troppi che, a volte, si rivolgono a Dio con la presunzione di imporgli ciò che riteniamo ci sia necessario, senza chiederci se rientra nel nostro vero bene, quello che Dio solo conosce: un bene che non può essere solo la soddisfazione di quel che necessita qui, ma va oltre, e proprio per questo noi miserelli non siamo neppure in grado di valutarlo. È giusto, dunque, rivolgerci a Dio nelle nostre necessità, ma è più saggio abbandonarsi poi al Cuore del Padre, che sa quello di cui veramente abbiamo bisogno.
Ho conosciuto un uomo che aveva alle spalle una vita certamente lontana da Dio. Si trovò un giorno a doversi riparare dalla pioggia in una chiesa. Il silenzio del luogo sacro lo attrasse e avvenne l'Incontro. Passò ore davanti al Santissimo come a voler ricucire un dialogo che forse non c'era mai stato. Ma quando uscì da quella chiesa era ben altro, tanto che diceva a tutti coloro che conosceva o incontrava, meravigliandoli: 'Dio esiste. lo l'ho incontrato.'... e scrisse anche un libro eccezionale su questa sua esperienza di vita... divina. Così come conosco famiglie che nella casa hanno un angolo, un piccolo spazio - tanto prezioso - per i momenti di preghiera, dove tutti, a sera, si ritrovano per condividere fede e fiducia e Dio li ripaga con una vita insieme che è vera comunione. Quando ci si affida a Dio, Lui non ci lascia mai a mani vuote.
Ben diversa la situazione di una persona che era in difficoltà e viveva il grande male della disperazione. Quando le dissi di provare a fidarsi del Padre e invocarlo nella preghiera, la risposta mi agghiacciò: 'Ma lei crede ancora a queste cose?'.
Purtroppo sono tanti che ragionano come quell'uomo, ma sappiamo tutti come il dolore, tante volte, possa essere devastante, soprattutto se affrontato con le sole nostre forze, che sono talmente povere, fino a poter giungere a volergli porre un fine con il suicidio.
Bisogna ritornare a chiederci, tutti, quale posto abbia Dio nella nostra vita? Dio non voglia, davvero, che lo abbiamo ridotto ad una pura astrazione, una illusione, una tradizione da vecchi... peggio ancora 'oppio dei popolì. Dio esiste, è il Vivente e la Sorgente della nostra vita, è Colui che ci mantiene nell'essere e nell'esistere e ha cura di noi, di ciascuno di noi... personalmente! Questa è la nostra fede e questa è la ragione che ci porta a chiederci quale posto abbia ancora, in noi e nella nostra vita, la preghiera? Meglio ancora quale posto ha Dio in noi e come e quante volte nella giornata Gli parliamo, anche solo con uno sguardo o un sospiro del cuore o un breve dialogo spontaneo con Lui: questa è l'essenza della preghiera, sapere che c'è e veglia su di noi ed è l'Unico di cui non possiamo fare a meno. Non è lui l'assente, ma siamo noi che troppo siamo distratti da altre cose... Lui attende solo che, come il cieco Bartimeo, Gli rivolgiamo attenzione, parola e amore.
Voglio ricordare un esempio di preghiera che mi ha dato gioia. Era 1'8 maggio del 1968, qualche mese dopo il terremoto del Belice. Subito dopo il dramma avevamo costruito, accanto alle baracche, una chiesa-tenda, come a ricordare a tutti che il Padre era tra di noi. Venne a visitarci l'On.le Aldo Moro. Quel giorno, come è usanza, vi era la supplica alla Madonna di Pompei. Il Presidente arrivò quando era iniziata l'ora di adorazione. Chiese di parteciparvi e stette per tutto il tempo in ginocchio, in atteggiamento di profonda preghiera, lasciando tutti noi stupiti, quasi attoniti. Solo dopo visitò le baracche. Ricordo che accanto a me un uomo, visibilmente commosso, disse: 'Finché ci sono uomini così al Governo possiamo avere tanta fiducia'.
Sarebbe bello se ciascuno di noi creasse un momento della giornata in cui poter dialogare, con calma e nella pace, con Dio. Darebbe alla vita un altro sapore, quello che solo Dio sa donare.
Ma saremo capaci di avere la fede di Bartimeo?
Approfondiamo questo valore profondo della preghiera con le parole del caro Paolo VI:
"La preghiera è un colloquio; un colloquio della nostra personalità attualmente cosciente con lui, l'interlocutore invisibile, ma avvertito presente, il sacro Vivente, che riempie di timore e di amore, il divino Ineffabile, che Cristo, (cfr. Mi.11,27) facendoci il grande, inestimabile dono della rivelazione, ci ha insegnato a chiamare Padre, cioè fonte necessaria e amorosa della nostra vita, invisibile e immenso come il cielo, come l'universo, dov'egli si trova, tutto creante, tutto penetrante e continuamente operante. Come risvegliare questo fondamentale senso religioso, nel quale soltanto la nostra voce minima, ma piena di significato, piena di spirito, trova la sua atmosfera, e può esprimersi gemendo e cantando la sua filiale parola: Padre nostro, che sei nei cieli? Risvegliare, dicevamo, nell'uomo moderno questo senso religioso, come si può? (cfr. Guardini, Introduzione alla preghiera). Perché noi avvertiamo l'enorme e cresciuta difficoltà, che oggi la gente incontra nel parlare con Dio. Il senso religioso oggi si è come affievolito, spento, svanito. Almeno così pare. Chiamate come volete questo fenomeno: demitizzazione, secolarizzazione, autosufficienza, ateismo, antiteismo, materialismo... Ma il fatto è grave, estremamente complesso, anche se si presenta in pratica così semplice, e invade le masse, trova propaganda e adesione nella cultura e nel costume, arriva dappertutto, come fosse una conquista del pensiero e del progresso; sembra caratterizzare l'epoca nuova, senza religione, senza fede, senza Dio, come se l'unità fosse emancipata da una condizione superflua e oppressiva (cfr. Gaudium et Spes, n. 7).
Così non può essere, voi lo sapete: ricordate forse - per dire tutto con un'immagine - la parabola del «filo dall'alto» dello Joergensen, quel filo che sostiene tutta la trama della vita, spezzato il quale, tutta la vita si affloscia e decade, perde il suo vero significato, il suo stupendo valore; quel filo è il nostro rapporto con Dio, è la religione. Essa ci sostiene e ci fa sperimentare in una gamma ricchissima di sentimenti, la meraviglia di esistere, la gioia e la responsabilità di vivere. Noi siamo certissimi di ciò. Il nostro ministero vi è essenzialmente impegnato, e soffre osservando come la nostra generazione faccia fatica a conservare e ad alimentare questo senso religioso sublime e indispensabile".



Video Commento a cura di Mons. Costantino Bruno

 
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