Gesù Luce del mondo

ELABORAZIONE DEL LUTTO, di Rina Bernardo

« Older   Newer »
  Share  
Rina Bernardo
view post Posted on 7/12/2012, 18:16




l'elaborazione di un lutto è scavare dentro se stessi per far emergere tutto il malessere che abbiamo represso interiormente e che ha bisogno di venir fuori attraverso gli interrogativi, le domande ai quali non vogliamo o non possiamo dare risposte. Le più comuni e le più frequenti sono:
1. Perchè
2. Dove è ora
3. Come contattarlo
4. Il rifiuto
5. Rimorsi
6. I tanti "se"
7. La colpa
8. La rabbia
9. Rapporto con gli altri
10. La fede.
Ognuno di questi elementi, se non affrontati ed elaborati, creano un'angoscia e un senso di impotenza che non consentono di riacquistare quell'equilibrio interiore che è stato sconvolto, necessario per poter imparare a convivere e gestire il dolore, senza che esso rechi disperazione o degeneri in stati di depressione difficili da curare, distruttiva per se stessi e per l'intero nucleo familiare.
Possiamo provare tutti insieme ad analizzare punto per punto, in un dialogo collettivo, un passo alla volta, con la collaborazione e il contributo di ognuno di noi.

1. PERCHE'

Pietrificati, stralunati, ancora increduli di quanto ci sta accadendo, la prima domanda nello smarrimento più totale e nella rabbia che inevitabilmente ci sale dentro, ci chiediamo PERCHE', il perchè di questa giovane vita che ci viene strappata via, lo chiediamo non sapendo bene a chi....a Dio, a noi stessi, al destino.....lo gridiamo, ce lo sussurriamo, ben consapevoli che nessuno ci potrà rispondere, una risposta che saremo costretti a cercare dentro di noi, o ad accantonare, nascosta in quel baule di sentimenti riposto nel nostro io più profondo, e che ogni tanto andiamo a ricercare.
Spesso questa domanda è legata alla fede. Istintivamente ci rivolgiamo a questo Dio che sappiamo di amore, bontà e giustizia, essendo una tale perdita e un tale dolore in contrasto con questa immagine che di Lui abbiamo. Come può un Padre permettere che i suoi figli soffrino così tanto, come può consentire che delle giovani vite siano spezzate, quando è innaturale che i genitori sopravvivano ai loro figli? Perchè è dovuto accadere? non poteva intervenire, salvarli, era necessario toglierli alle loro famiglie, al mondo? Sofferta, dolorosa e così lacerante è la domanda...., difficile, incomprensibile, misteriosa quell'unica risposta che solo Dio ci può dare, ma non ora, solo al momento in cui ci troveremo anche noi alla sua presenza.
Allora tutto ci sarà chiaro, riusciremo a vedere quel mosaico divino di cui ognuno di noi è un minuscolo pezzo, e nel quale troverà il suo incastro, contribuendo al disegno che si rivelerà ai nostri occhi e che avrà un senso, una sua bellezza.
Lasciamo quindi che quel PERCHE' abbia la sua risposta quando il tempo sarà maturo, senza tormentarci inutilmente ben sapendo che questo non è il tempo per averla, confidando in quel buon Padre che vede ben oltre ciò che noi riusciamo a scorgere.

2. DOVE E' ORA

Inesorabile e crudele nel suo aspetto, arriva un'altra domanda che ci reca spavento e terrore.....MA DOVE E' ORA.....si rischia di impazzire nel non sapere dove sia, che non lo rivedremo mai più, un'attimo prima era una presenza gioiosa, rassicurante, nella nostra vita, l'amore più grande. Lo abbiamo concepito, partorito, allevato tra tante preoccupazioni unite a gioie e orgoglio, e poi.........tutto finito, tolto alla nostra vista, strappato via, lasciandoci impotenti e traumatizzati.
E allora inizia l'affannosa ricerca di chi può metterci in contatto medianico con lui, attraverso sensitivi, veggenti, carismatici, con il facile rischio di cadere in mani di persone disoneste che speculano sull'altrui dolore, o che in buonafede credono di essere tali, si partecipa a convegni sulla vita oltre la vita, si divorano libri su libri sul paranormale, sulle esperienze di chi ha vissuto contatti con l'aldilà.
Tutto questo è comprensibile, è la naturale reazione di chi annaspa e rischia di affogare nella propria disperazione nel dover scontrarsi con la realtà di averlo perso per sempre, in questa vita terrena. Ma è necessario prendere le distanze dai contatti continui con chi afferma di comunicare con le anime dei nostri cari, per non cadere nella trappola della dipendenza, poichè finisce per diventare come una droga, il bisogno continuo di sentirli attraverso parole e messaggi di terze persone, dei quali nessuno può garantirne la certezza ne l'autenticità, ne la reale provenienza.
Anche qui è necessario ritrovare il giusto equilbrio, alimentare la speranza che il distacco non è definitivo ma solo temporaneo, e ancora una volta è la fede che ci viene in aiuto, che può placare quell'angoscia e quella paura dell'ignoto, del non sapere DOVE ORA E'.
Abbiamo una fonte certa, sicura, affidabile e vera alla quale attingere, ed è il Vangelo, che ci assicura l'esistenza di una vita oltre la vita, e chi più dello stesso Gesù ci può rassicurare attraverso la sua stessa resurrezione, dove essi ora sono, nel luogo che ci ha promesso e sul quale continuamente ci invita a credere.

3. COME CONTATTARLO

E' possibile stabilire un contatto con il nostro caro? Le esperienze e le testimonianze ci dicono di si, che sia possibile la comunicazione tra cielo e terra, certamente vista come un dono di Dio, senza forzature ma con naturalezza, aspettando che siano loro a manifestarsi attraverso il richiamo interiore.
Io credo fermamente nella comunicazione ispirata dell'anima, cioè quel dialogo interiore di due essenze spirituali che si incontrano, in uno spazio indefinito ma che si intuisce appartenga alla dimensione celeste, mentre sono molto prudente e anche diffidente verso la raccolta e distribuzione di messaggi da entità sconosciute verso destinatari altrettanto sconosciuti, tramite i così detti veggenti o sensitivi, dove si cerca di intuire per chi sono e da chi provengono grazie a indizi generici.
Mi rimane altrettanto difficile credere che i nostri cari possano manifestarsi tramite strumenti meccanici, l'anima non ha voce ne emette suoni, ma possiede la capacità della trasmissione del pensiero, attraverso i sogni o le locuzioni interiori. Ma questa è soltanto una mia opinione che naturalmente non fa testo ma che nasce dopo un'attenta e lunga meditazione, e per diretta esperienza personale. Ma non solo, la storia dei santi è piena di esperienze con il divino, di locuzioni, visioni e apparizioni, e questo, per chi crede, è un grandissimo aiuto nell'elaborazione del lutto poichè ci proietta verso la realtà di una vita che non muore ma che rinasce in una dimensione celeste che promette il ricongiungimento con coloro che abbiamo conosciuto e profondamente amato.

4. IL RIFIUTO

Talmente grande è il dolore e inaccettabile il fatto che non rivedremo più il nostro caro, da indurci in un rifiuto psicologico di quanto è accaduto. Sappiamo che è vero, che ci ha lasciati, ce lo dice la sua assenza fisica, non lo vediamo più, non sentiamo più la sua voce, ne il calore del suo abbraccio, e quella lapide che ce lo ricorda ogni volta come un pugno allo stomaco. Eppure lo rifiutiamo, e questo rifiuto si esprime attraverso gesti, azioni e parole, come riempire di sue foto ogni angolo della casa, con altarini e pareti coperte dalle sue immagini, quando sono sufficienti alcune cornici che lo ritraggono nei punti più vissuti della nostra casa. Come gli interminabili memorial dai quali amici e parenti dopo i primi anni tendono ad allontanarsi per una forma di abitudine e di routine, mentre basterebbe onorarli con eventi diversi organizzati ogni tanto come una santa messa, un concerto, una cena di beneficienza. Oppure parlando di loro continuamente come se attraverso le parole esorciziamo la loro assenza, anche nei momenti meno opportuni, mentre è bello farli vivere raccontando di loro in un contesto amichevole, di ascolto interessato, di condivisione, di vera accoglienza. E' necessario vivere con equilibrio il distacco fisico poichè non c'è nessun distacco a livello affettivo, anzi li amiamo ancora di più, un amore infinito che va oltre, che li segue ovunque dove ora essi sono.

5. RIMORSI

Chi non vive l'angoscia dei rimorsi, una spina in cuore che punge e fa male ogni volta che si affaccia alla nostra mente, un'episodio che ora vorremmo rimuovere, non averlo mai vissuto, tanto è il dolore che ci provoca. Ma quasi sempre non hanno fondamento ne motivo di esistere, ma sono solo il frutto del desiderio di essere certi di non aver mai ferito in nessun modo il nostro caro che ci ha lasciato, e la consapevolezza di non poterlo più rassicurare e rassicurarci. Il compito di un genitore è di saper dire anche di "no" ai propri figli, per il loro stesso bene, quando le loro richieste non sono giuste o sono dannose, e continuare a colpevolizzarsi non serve a nulla, ne a loro ne a noi e prima ne prendiamo atto e prima possiamo rimuovere questo macigno che ci schiaccia sempre di più.
Gli abbiamo impedito di far tardi la sera? di frequentare cattive compagnie? di non fare acquisti inutili e superflui? gli abbiamo impedito un viaggio? o ripreso per un linguaggio inappropriato? e altre cose simili? ebbene questo è dimostrazione del nostro amore, e se anche possono non aver gradito i nostri "no", si saranno sicuramente sentiti salvaguardati, protetti e amati proprio per questo nostro comportamento protettivo.

6. I TANTI "SE"
Come per i rimorsi, portiamo dentro di noi il peso di un pensiero fisso, i tanti "se...", se avessi o non avessi fatto.....detto......se.......tanti se.......che ci tormentano, un continuo interrogarsi. Ma noi non possediamo il dono della chiaroveggenza, non possiamo prevedere il futuro ne tantomeno possiamo conoscere in anticipo cosa succederà. E' come il gioco del domino, una pedina segue l'altra, una serie di se a ritroso. Lasciamole cadere queste pedine dei se, la vita è fatta di scelte continue, fanno parte del nostro percorso terreno, ma ciò che ci deve consolare è che ogni volta la scelta è fatta per il bene e certamente non per il male, di noi stessi e di chi ci sta vicino. Il nostro caro questo lo sa, sa che tutto il nostro agire o dire è stato frutto del nostro amore protettivo per lui, lo sa in virtù della sapienza e del'illuminazione di cui ora gode nella sua evoluzione spirituale nel regno di Dio. Se quel "se" di qualcosa che hai fatto .o non hai fatto, che hai detto o non hai detto, ti procura angoscia o dolore, prova a pensare che è l'attimo presente che dobbiamo affrontare, con piena consapevolezza delle nostre azioni quotidiane, guardando al futuro sapendo che ci presenterà altri "se..." che sapremo non ci potranno più condizionare.

7. LA COLPA
I sensi di colpa è un'altro degli effetti che più gravano sulla nostra psiche, non potendo accettare il distacco si cerca istintivamente una colpa da attribuire, un modo inconscio di scaricare l'enorme peso per non soccombere. Solitamente sono tre le direzione dove essa converge:
1) su Dio
2) su noi stessi
3) sulla persona che ne è stata la causa
Mentre nel terzo caso, dove c'è un evidente responsabilità di terzi, come incidenti conseguenti a stati di ubriachezza, di sostanze stupefacenti, eccesso di velocità, per errate diagnosi o terapie in casi malattia, incuria di chi doveva sorvegliare, omicidio, e tante altre situazioni ancora, è giustificato attribuirne la colpa, ma così non è nelle altre due direzioni.
Il più comune, e purtroppo il meno giustificato, e il voler attribuire la colpa a Dio che, secondo il ragionamento umano, doveva impedire che ciò accadesse, gli si rimprovera di non essere intervenuto per evitarlo...poteva salvarlo, e non lo ha fatto....ha guardato dall'altra parte.....e allora perchè devo credere in Lui? anzi sono arrabbiatissima con Lui, è colpa sua perchè se è vero che ci ama perchè ha consentito questa sofferenza?...se era malato perchè non ha fatto il miracolo di guarirlo? perchè altri si salvano e il mio no? tanti sono gli interrogativi e tutti legittimi se vogliamo trovare un capo espiatorio, ma non per chi crede in Dio, chi ha fede sa benissimo che così non è, che proprio in virtù del dono del libero arbitrio che Egli ci ha fatto, ci ha lasciato liberi di impostare e gestire le nostre vite come vogliamo, e gli atti puramente umani e terreni ne sono sempre le cause o le conseguenze.
Molto spesso invece ci addossiamo tutta la colpa, con la solita sequela di "se". E' una reazione istintiva in quanto viviamo la perdita come il risultato di una nostra mancata sorveglianza o protezione, anche quando così non è, anche quando svolgiamo con cura e amore il nostro compito di genitori, e il tragico avvenimento sfugge al nostro totale controllo. Il dolore e lo sconvolgimento mentale è talmente forte da non consentirci di essere obiettivi, è come se ci si debba punire per non aver saputo o potuto prevedere quanto sarebbe successo.
Ammettere con noi stessi, che non avremmo potuto prevenire o impedire che ciò accadesse, è il primo passo per alleggerire lo strazio che il senso di colpa continua ad albergare dentro di noi, per ritrovare un giusto equilibrio e un minimo di pace.

8. LA RABBIA

Dopo il dolore è questo il sentimento che più ci domina, la rabbia non solo per ciò che ci è stato tolto ma anche per tutti i sogni infranti, la fine dei progetti sul futuro di quel figlio/ia, a cui è stato impedito di scoprire la bellezza della vita, con tutti i risvolti non sempre piacevoli ma che comunque fanno parte dell'esperienza umana e terrena.
Rabbia per una cosa così ingiusta e innaturale, nessun genitore dovrebbe sopravvivere al proprio figlio, non dovrebbe funzionare così, sono i figli che devono piangere i propri genitori e non il contrario, rabbia per l'impotenza in cui precipitiamo, non abbiamo più nessuna possibilità di agire, di intervenire, tutto ormai è definitivo, perso per sempre....non ci sarà un'altra occasione.
E questo sentimento diventa ancora più forte quando il nostro caro ci lascia quale causa dell'irresponsabilità o dell'azione di altri, qui la rabbia si amplifica estendosi in più direzioni, ci si arrabbia con tutto il mondo, compreso Dio.
Purtroppo, come succede con il fumo, l'acool e la droga, anche la rabbia ha bisogno di tempo per defluire, per lasciare il posto ad una presa di coscienza che non sarà questo sentimento distruttivo a riportarlo in vita, che non serve a nulla se non a rendere ancora più amaro il continuo del nostro percorso terreno. Dicono che il tempo è il miglior medico per queste ferite, senz'altro in parte è vero, può agire da balsamo per lenire il dolore, per imparare a gestirlo e convivere con esso, ma ciò che è stato lacerato difficilmente si può ricucire, ogni tanto la ferita si riapre e riprende a sanguinare. La rabbia deve lasciare il posto all'accettazione, deve consentirci di poter esprimere un'amore verso il nostro caro non inquinato, ma puro, degno di lui, un'amore tutto e solo per lui, senza ombre e senza deviazioni.

9. IL RAPPORTO CON GLI ALTRI
Nulla è più lo stesso, tutto cambia, il modo di concepire la vita, le priorità, lo stesso nostro modo di essere, non si rimane più gli stessi, e tutto questo si ripercuote negativamente anche nel nostro rapporto con gli altri. Si crea da subito un tale disagio da non riuscire più a comunicare come prima, non si cerca la compassione e si rifugge la pietà, e ogni parola o frase viene soppesata da chi la dice nel tentativo di arrecarci conforto, ma con il timore di sbagliare difronte a due occhi che rispecchiano la sofferenza di un'amputazione che fa terribilmente male, tanto male da confondere e bloccare anche chi ci vorrebbe consolare.
Quante volte l'imbarazzo che si crea porta un'amico, un conoscente o un parente a dire senza volerlo frasi che ci feriscono e ci infastidiscono, non potendo essi comprendere in quale vortice si viene risucchiati quando si subisce impotenti la perdita di una parte irrununciabile di se stessi, carne della propria carne. E un conto è immaginare, un'altro è il viverlo.
Ma qui non ci sono colpe da attribuire, la morte è un fattore definitivo e ignoto e fa paura, e istintivamente chi non ne viene toccato, tende a sfuggire tutto ciò che la ricorda, e la sofferenza e il dolore degli altri arrecano tristezza, creano disagio e fratture in rapporti che prima erano divertenti, piacevoli e allegri.
Dicono che il tempo è signore, e per fortuna molto si può recuperare, quando si cerca di andarsi incontro, di recuperare la spontaneità di un rapporto che vale la pena di salvare, rispettando le necessità e le esigenze emotive di ognuno, pur vivendo su due livelli diversi di consapevolezza.

10. LA FEDE

Per chi ha fede, questa non è solo consolazione ma anche speranza che non tutto finisce sulla terra, ma prosegue in cielo, in una dimensione divina che promette vita e felicità eterna, e l'incontro tanto bramato e desiderato con chi ci ha preceduti, in un'amore universale che abbraccia l'intera umanità.. La fede non è qualcosa indefinita e priva di fondamento, ma una visione di ciò che realmente siamo, da dove veniamo e dove andremo, da esplorare, meditare e coltivare, che trova i suoi pilastri granitici nella tradizione apostolica, in quel Vangelo che è Gesù Cristo, via, verita e vita.
Vorrei concludere con questa breve poesia, un inno alla speranza, e al ricongiungimento con i nostri cari,

SE HAI FEDE (da Piccolissimi Pensieri)

Quando tutto sembra perduto, sai che c'è salvezza
se hai fede
Quando la speranza resiste come una piccola fiammella
che non vuole spegnersi
è perchè hai fede
Quando la vita è tenacemente appesa a un filo
essa riprende la sua forza
se hai in te la fede
Il Regno di Dio, il più bello di tutti i sogni,
è realtà se hai fede
In questa piccola parola è racchiuso
il Mistero di Dio,
tesoro inestimabile di chi crede.

(Rina Bernardo)

Edited by Rina Bernardo - 10/12/2012, 08:48
 
Top
0 replies since 7/12/2012, 18:16   200 views
  Share